View Full Version : Africa, epidemie in diverse nazioni
Africa - Epidemie di colera si diffondono in numerosi Paesi.
L'agenzia stampa missionaria 'Misna' segnala che epidemie di colera nelle ultime settimane vengono segnalate in diversi Paesi africani: Burundi, Senegal, Uganda, Niger, Guinea Bissau, Burkina Faso, Liberia, Repubblica democratica del Congo, Mauritania e Sierra Leone. In quest’ultimo, così come in Centrafrica, Ciad o in Etiopia, l’epidemia non è stata ancora ufficialmente dichiarata, ma a causa delle alluvioni i funzionari temono che ormai sia solo questione di giorni prima che il vibrione cominci a propagarsi rapidamente e su larga scala. La più letale e vasta di queste epidemie resta quella in corso dallo scorso giugno in Guinea Bissau, dove sono morte 177 persone e altre 9.200 sono state contagiate. Altrettanto grave il bilancio che il colera ha fatto segnare finora in Liberia, dove il numero di vittime è salito alle 134 dell’ultimo bilancio diffuso la scorsa settimana dalle 29 che venivano segnalate ai primi di agosto. Tra Mauritania e Burkina Faso si contano centinaia di contagi e almeno una decina di vittime; in Burkina Faso, l'epidemia più recente, 6 morti e 236 contagi, segue di qualche settimana quella dello scorso giugno in un'altra zona del paese e conclusasi con un bilancio di 111 vittime.
(peacereporter)
:rolleyes:
RiccardoS
29-08-2005, 06:50
i tg se ne guardano bene dal parlarne? :confused: è la prima volta che sento 'sta notizia... :rolleyes:
Stando a pensare che un batterio causi ancora nel 2005, per concause legate alla povertà (scarsa igiene, scarse strutture sanitarie), così tanti drammatici problemi in un intero continente viene da :muro:
i tg se ne guardano bene dal parlarne? :confused: è la prima volta che sento 'sta notizia... :rolleyes: per loro è più importante un servizio su una velina, sul quinto anniversario della morte di lady diana, una recensione di un nuovo libro, disco o film in uscita.
Per questo motivo non guardo più i tg nazionali da anni.
EMERGENZA SANITARIA
L’impegno in Mozambico e a Capo Verde: «Quando sono arrivato nell’isola c’erano 800 malati, alla mia partenza ne erano rimasti 50»
Lebbra, dramma dimenticato dal mondo
L’esperienza dei volontari: «Se ci si mobilita, peggiorano le statistiche, perché si arriva in zone abbandonate a se stesse»«Il più bel ricordo? Una ragazza africana che con il nostro aiuto rifiutò d’andare nella foresta, guarì e ritornò al suo villaggio»
Dal Nostro Inviato A Pescara Lucia Bellaspiga
Lebbra. Solo la parola fa paura. L'immagine che viene è quella deforme di mani e piedi senza dita, corpi mutilati e tumefatti, volti simili a teschi, vuoti le orbite e il naso. Perché la lebbra ti smangia e ti rende cieco, ti colpisce la pelle poi entra, prende i nervi, i muscoli, le ossa. Prima c'è il dolore, insopportabile, quindi si perde la sensibilità, e il movimento.
Non c'è epoca e non esiste società che non abbia messo al bando i lebbrosi, ancora oggi scacciati dalle comunità, rinchiusi in ghetti fetidi, sorvegliati dietro recinti di filo spinato, abbandonati nei deserti o nelle foreste, persino sugli scogli, in modo che trovino morte certa lontano dagli occhi dei sani. Sono forse venti milioni nel mondo, (in Italia nuovi dieci casi l'anno), ma sono venti milioni di paradossi: perché la lebbra si cura facilmente, presto, con pochi spiccioli e fino a guarigione completa. La lebbra, insomma, è un problema risolvibile. O così sarebbe, se ignoranza, superstizione e indifferenza non ne facessero un flagello.
Tra i lebbrosi senza paura
È al convegno dell'Aifo, l'Associazione amici di Raoul Follereau, che incontriamo Massimo Tomaselli, 41enne, romano, coordinatore dell'Aifo per il Mozambico. Non è medico, «perché la lebbra prospera dove c'è povertà, dove mancano pozzi, igiene, latrine, cibo», così i responsabili dei progetti sono spesso ingegneri come lui. La sua vita, con la moglie francese e i loro tre bambini, è tra i lebbrosi. La domanda è automatica: ma non ha paura del contagio? «Io? E perché? - dice irridente - si cura!». Poi spiega meglio: «Tu hai paura di prendere il raffreddore? Non te ne importa niente, no?». Chiaro. Ma allora l'incubo mondiale, quei reietti tumefatti, la segregazione? Se la lebbra si cura, perché non lo si fa? Sorride a metà tra pazienza e commiserazione: «Anche la fame si sa come guarirla: duemila calorie a persona, eppure...». «E per favore, non scriva anche lei di milioni di morti di lebbra...». Semplicement e perché di lebbra non si muore: il bacillo (diffuso non per semplice contatto ma la saliva o uno starnuto) è lentissimo, ti cova dentro anche venti anni senza sintomi, poi la prima macchia sulla pelle, la deformità, il "mostro", lo stigma, il marchio, l'abbandono...
L'«imbroglio» dei numeri
Secondo i piani dell'Oms, la lebbra doveva sparire dal mondo entro il 2005. Ora ci siamo. Ma ci sono quei venti milioni di lebbrosi, e soprattutto quei 380mila casi nuovi l'anno, pochi rispetto ai 760mila del 2002. Buon segno, no, dottore? «In teoria sì, il crollo di infettati significa che il lavoro dell'Oms e delle Ong in Africa, Asia e Sud America sta dando i suoi frutti: se individui presto il malato e gli somministri gli antibiotici, subito smette di essere contagioso ed entro sei mesi-un anno è guarito...». Perché in teoria? C'è sotto dell'altro? C'è. E riguarda la "contabilità" nei registri mondiali: «Quando medici e volontari raggiungono le zone più povere e desolate, di lebbrosi ne trovano sempre più. Se invece si fermano e lavorano un po' meno... i casi caleranno per forza! Insomma: meno attività faccio e più belli sono i numeretti». Un esempio lampante è la recente esplosione di lebbra a Tambara, in Mozambico: «Un nuovo contagio? No, semplicemente abbiamo raggiunto un'isola nel fiume Zambesi dove erano tutti malati ma nessun medico era mai arrivato».
«Tra la feccia dell'umanità»
In India come in Africa o in Brasile, la storia è sempre quella, i malati sono espulsi definitivamente dal clan e nemmeno la guarigione li salverà: "lebbrosi" per sempre. «La vera guerra è contro questo marchio a fuoco, non contro un bacillo ormai sconfitto», dicono i volontari Aifo. «Il più bel ricordo? Il giorno in cui una ragazza africana col nostro aiuto rifiutò di essere gettata nella foresta, raggiunse il centro di salute, guarì, tornò al villaggio, ebbe la forza di imporsi e dopo due anni si sposò». Sembrano "innamorati" della lebbra i tanti volontari torn ati in Italia da ogni parte del mondo per il convegno dell'Aifo. Sono ricchi dentro, anche se «tra i reietti non ci vai per fare soldi, ma per un'idealità». «Sì - ammette Tomaselli - la lebbra mi attira, perché dove c'è lei c'è la feccia dell'umanità, trovi di certo i più sfortunati, sei dove nessuna Ong può andare perché manca la strada, il giornalista non arriva perché "per l'intervista un lebbroso di città mi va benissimo", non esiste una scuola, niente...». La lebbra è figlia dell'indigenza più che del bacillo, tanto che in Europa è quasi scomparsa quando ancora i medicinali non esistevano, semplicemente col benessere. «Quello che invece non potremo mai curare sono le orrende disabilità degli ex malati». Chi ha mani e piedi si trascina spesso tra cancrene perché non sente il dolore ma, quando si ferisce, la cancrena avanza inesorabile.
Il medico si sposa nel lebbrosario
Abituati a incutere disgusto, sono gli stessi lebbrosi a ritirarsi e desiderare l'oblio. Loro stessi a rifuggire il contatto fisico. E tra gli intoccabili ha scelto di fare la sua festa di nozze Mario Figoni, medico infettivologo, 48 anni, romano, divenuto esperto nei lebbrosari dell'India e poi di mezza Africa. Un filmino da mostrare agli amici - questo sì -, non tra spiagge esotiche ma nel lebbrosario di Fogo, isole di Capo Verde: una selva di mani tese ad abbracciarlo seppure senza dita, sorrisi, nessuna paura del "contatto". La moglie Milita è di Capo Verde, lavorava nella farmacia dell'ospedale locale e l'ha conosciuta tenendo corsi di aggiornamento sulla malattia. Hanno due bambini, il motivo per cui, quando di recente il più grande ha preso la malaria, sono venuti a vivere in Italia: «Oggi curo l'Aids al Cotugno di Napoli». Però ogni anno quando ha le ferie torna giù tra i suoi lebbrosi, «in Ciad, Mali, Ghana...». Anche lui "contagiato" dal volontariato, una «malattia cronica, proprio come la lebbra». Il suo è un amore che nasce da lontano, quando, appena laureato, va in Afri ca con Mani Tese, poi prosegue con le missioni targate Aifo e la guerra alla lebbra: «A Capo Verde sono arrivato che c'erano 800 malati, sono ripartito che ce n'erano 50. È la mia gratificazione più grande».(Avvenire)
SUDAN 12/11/2005 16.09
DENGUE: 75 VITTIME E 300 CONTAGI IN ‘SOUTH KORDOFAN’
[Misna]È salito a 75 il numero di persone morte nello stato del South Kordofan, Sudan centrale dove, dopo le analisi dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e delle autorità sudanesi, è stata confermata un’epidemia di Dengue che ha contagiato altre 300 persone. Nei giorni scorsi le autorità sanitarie sudanesi avevano riportato la morte di almeno una cinquantina di persone (dai primi di novembre) in seguito alla diffusione di una non meglio precisata “febbre emorragica”, che successivamente con l’aiuto degli esperto dell’Oms hanno stabilito essere Dengue. “Abbiamo predisposto un vasto piano di disinfestazione nelle zone interessate per combattere la zanzara che trasmette la malattia” hanno detto i responsabili dell’Oms in Sudan. Presente allo stato endemico in gran parte del Sudest Asiatico, in Africa, in America Centrale e Meridionale e in Oceania; il dengue ‘classico’ colpisce soprattutto i bambini sotto forma di affezione febbrile accompagnata da eruzione cutanea, mentre nei soggetti adulti può avere effetti più devastanti. Tra i sintomi della dengue, che secondo l’Oms contagia ogni anno quasi 100 milioni di persone (delle quali circa il 5 per cento muore), ci sono febbre, dolori muscolari e, nei casi più gravi, emorragie interne.[MZ]
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Chi sa perchè nei media fa più prima pagina la sorte di vacche e polli....
AFRICA 15/11/2005 0.45
CAMERUN: ESPERTI SOPRATTUTTO AFRICANI PER DISCUTERE DI MALARIA
(misna) Per sconfiggere una malattia che ancora oggi uccide non meno di 1,5 milioni di persone all'anno nel mondo – soprattutto bambini e per la maggior parte in Africa – oltre duemila esperti sono riuniti a Yaoundé, capitale del Camerun, per la quarta conferenza panafricana della Multilateral Initiative on Malaria (Mim), rete multidisciplinare istituita nel 1997 a Dakar, con il coinvolgimento di istituzioni mediche e di ricerca africane e del resto del mondo. La maggior parte degli studiosi – il maggior numero di partecipanti mai raccolti da questa iniziativa – proviene da paesi africani; nei prossimi cinque giorni discuteranno sullo stato della ricerca scientifica, terapie e metodi di prevenzione della malaria. Nella prima giornata dei lavori, forte risalto è stato dato alla necessità di incoraggiare con borse di studio la formazione di specialisti africani nelle diverse discipline per elaborare la lotta all’epidemia: non solo medici ma anche biologi, entomologi, tossicologi, epidemiologi e biostatistici. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 1999 erano 752 i ricercatori formati nell’Africa subsahariana specializzati in malaria. Sembra che nell’ultimo lustro il loro numero sia aumentato, sebbene non pochi preferiscano abbandonare il Paese e andare a lavorare in istituzioni mediche fuori dal continente. Oltre alla ricerca medico scientifica, grande enfasi viene attribuita al bisogno di studiare efficaci soluzioni ambientali e compatibili con la salute umana per impedire la proliferazione delle zanzare che trasmettono l’agente patogeno. La lotta alla malaria in Africa, dice l’Unicef, sta facendo passi avanti: attualmente 23 nazioni africane hanno accettato di introdurre un nuovo protocollo medico per la somministrazione di Artemisinina, derivata dalla pianta di Artemisia e dimostratasi efficace contro alcuni agenti patogeni resistenti ad altri farmaci; altri 22 paesi stanno applicando le strategie suggerite da Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Undp e Unicef per prevenire la diffusione della malattia tra i bambini, tra cui istruire adeguatamente le mamme.
Speriamo di liberarci quanto prima di questa malattia :) Ormai i tempi sono maturi.
Fondamentale cmq è la bonifica delle zone paludose e quindi la cura del territorio, problema ahimè gravissimo in Africa.
SUDAN 22/11/2005 19.37
SOUTH KORDOFAN: OMS SI MOBILITA PER EPIDEMIA DI FEBBRE GIALLA
(MISNA) È di febbre gialla e non di dengue, come si era sospettato in un primo momento, l’epidemia che dai primi di novembre colpisce lo Stato del South Kordofan, in Sudan centrale, dove ha causato la morte di 121 persone e il contagio di altre 448; lo ha detto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms-Who) dopo aver analizzato i campioni di sangue inviati dalle autorità sudanesi. La malattia si contrae a causa del morso della zanzara ‘aedes’, vettore dell’agente patogeno, e i sintomi sono molto simili a quelli della dengue. Se non curata nei primi stadi la febbre gialla può essere mortale, con un’incidenza che differisce da contesto a contesto. Si è stimato che l’attuale epidemia sudanese abbia un tasso di mortalità del 21%. L’unica prevenzione possibile è la vaccinazione, e gli esperti del Oms hanno invitato il governo sudanese a lanciare immediatamente una massiccia campagna di vaccinazione tra le popolazioni a rischio nel South Kordofan, che sono prevalentemente comunità di pastori nomadi. Il ministro della Salute di Khartoum ha chiesto e ottenuto l’invio di vaccini dall’Alleanza globale per le emergenze di immunizzazione che ha autorizzato una prima spedizione di 1,7 milioni di dosi. L’ultimi epidemia di febbre gialla in South Kordofan si era verificata nel 1940 con 15.000 casi inclusi 1500 decessi.
SUD DEL MONDO 27/11/2005 12.39
TUBERCOLOSI: COME UNA DOZZINA DI TSUNAMI OGNI ANNO
(MISNA)“Il mondo ha attribuito alla sindrome d'immunodeficienza acquisita una priorità; e la tubercolosi è stata quasi dimenticata”: a dirlo è stato recentemente Nelson Mandela, probabilmente il sopravvissuto più famoso a una malattia che, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) uccide una persona ogni 15 secondi, 5.000 vite al giorno per un totale di oltre 2 milioni di morti l’anno. La MISNA ne parla con Marcos Espinal, segretario della ‘Stop TB Partnership’, la campagna dell'OMS, a Roma per il vertice dei Nobel per la Pace. “Per millenni la tubercolosi è stata una grande piaga per l’umanità. Si stima che abbia ucciso più di due miliardi di persone nel mondo, molto più di qualsiasi malattia infettiva. Dopo le scoperte mediche che diedero il via alla lotta contro la tubercolosi (nel 1882 Robert Koch individua il batterio responsabile e nel 1920 viene messo a punto il vaccino Bcg) e il successo dell’opera di contrasto che portò nel 1970 la malattia ad essere cancellata dalla lista delle minacce alla salute pubblica, la tubercolosi è finita in un dimenticatoio pericoloso che ha contribuito al fatto che oggi nel mondo circa 9 milioni di persone ne siano affette e che due milioni di esseri umani muoiano ogni anno per una malattia la cui cura è nota e disponibile” dice Espinal e aggiunge: “L’impatto, in pratica, è paragonabile a quello di una dozzina di tsunami l’anno”. Riuniti lo scorso agosto a Maputo, in Mozambico, i ministri della Sanità dei paesi africani hanno dichiarato per la prima volta l'emergenza Tubercolosi su tutto il continente. La decisione (arrivata termine di giornate dedicate dai responsabili dei dicasteri africani e dei funzionari dell’Oms ad analizzare i dati dell’impressionante ritmo di crescita di contagi e vittime che la malattia continua ad avere sul continente) ha soprattutto lo scopo di attirare l’attenzione della comunità internazionale sulla tubercolosi nella speranza di attrarre finanziamenti. La malattia – seconda in Africa, per numero di contagi e morti, solo alla sindrome di immunodeficienza acquisita (sida/aids) a cui spesso è associata – può essere curata con un trattamento completo e a base di medicinali che ormai è possibile reperire per soli 15 dollari, come ha recentemente ricordato Desmond Tutu, l’arcivescovo sudafricano, anch’egli come Mandela, sopravvissuto alla Tb. “È tragico che questa malattia non sia ancora controllata, perché io sono la prova vivente che la tubercolosi può essere trattata e curata” ha sottolineato l’arcivescovo Tutu in occasione della riunione di Maputo. “Pensate che una cura intera, comprensiva di ricovero ospedaliero, contro la tubercolosi resistente (il ceppo più letale della malattia, ndr) costa, negli Stati Uniti, solo 180 dollari; una cura generica costa, invece, 15 dollari. L’obiettivo deve essere trovare questi fondi e investirli dunque nell’acquisto e nella distribuzione di cure per salvare milioni di vite” ha concluso Espinal. Nonostante il terribile impatto che la malattia ha sull’Africa – dove dal 1990 ad oggi sono quadruplicati il numero di casi e dove muore un quarto delle vittime che la malattia causa nell’intero pianeta - solo Etiopia e Mozambico, dei nove paesi maggiormente colpiti dall’epidemia di tubercolosi, hanno programmi di controllo sulla diffusione pienamente operativi perché completamente finanziati. Per questo l’OMS ha chiesto lo stanziamento di quasi 2 miliardi di euro da destinare a una serie di programmi da lanciare nel continente tra il 2006-2007 nel tentativo di controllare la diffusione.
SUD DEL MONDO 27/11/2005 12.25
ALDO MORRONE: “Z59.5”, LA MALATTIA PIU’ GRAVE (intervista esclusiva)
“La vera emergenza sanitaria mondiale? Si chiama ‘Z59.5’. Con questa sigla ormai già da 10 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dato un codice internazionale a una malattia mortale: la povertà estrema”. A parlare alla MISNA è il professor Aldo Morrone, direttore della Struttura di Medicina Preventiva delle Migrazioni dell’Istituto San Gallicano di Roma, convinto rappresentante di una cultura sanitaria non ‘medicalizzata’ bensì multidisciplinare e coraggiosamente ‘a basso costo’. “Attenzione! Non sto dicendo che l’Oms ha indicato la povertà estrema come causa di malattia, ma che essa stessa è da considerasi una malattia – sottolinea Morrone - proprio dal punto di vista ‘eziopatogenetico’, come si dice in letteratura medica. La malnutrizione, soprattutto, ma anche la mancanza di acqua potabile o per lavarsi, le condizioni abitative, lo stress della violenza continua e della precarietà quotidiana sono la vera coltura di riproduzione di virus e batteri nel corpo umano. La povertà attacca il sistema immunitario! Eppure questa rivoluzionaria ammissione dell’Oms non è bastata a far cambiare direzione a un approccio sanitario imperante che scruta la malattia solo attraverso il microscopio di laboratorio, sentenzia la diagnosi e prescrive la terapia, quest’ultima possibilmente molto costosa”. Sono infatti i costi l’altra determinante variabile che stabilisce la gravità di una malattia: “L’attenzione dedicata a una patologia, e ai malati, è direttamente proporzionale al movimento economico che questa riesce ad innescare” sostiene il professor Morrone. “Altrimenti, se fosse solo questione del numero di persone a rischio, non si spiega perché alla malaria - che minaccia 3 miliardi di persone e ne uccide ogni anno 2 milioni, di cui la metà bambini, mentre sono 400.000 i nuovi casi ogni anno – non viene data la stessa attenzione dedicata all’Aids-Hiv dalle case farmaceutiche, dalle istruzioni internazionali, ma anche dai mass media e, voglio essere provocatorio, anche dalle organizzazioni non governative”. Ma alla lista vanno aggiunte altre ‘malattie dimenticate’ non meno mortali o invalidanti come la leishmaniosi mucocutanea o viscerale, che in occidente colpisce i cani ma nei paesi poveri infetta 300.000 persone l’anno, o la oncocercosi fluviale, una delle principali cause di cecità in Africa che colpisce 90.000 persone l’anno e 125 milioni sono a rischio. Oppure la tubercolosi, con 2 milioni di morti l'anno su 9 milioni di malati. “Vale la pena ricordare – aggiunge Morrone - che la prima causa di mortalità infantile al mondo non è né l’Aids/Hiv né la malaria, ma la disidratazione da diarrea: ne muoiono 12 milioni l’anno. Una flebo reidratante che può salvare una vita umana costa 50 centesimi di euro. Appare evidente, dunque, che meno costoso è un intervento sanitario meno mobilitazione c’è intorno alla terapia”. Morrone ribadisce che nella sue esperienza di medico ha trovato più spesso ostacoli ad applicare soluzioni efficaci ma a ‘basso costo’ che complicate analisi di laboratorio e costose terapie sperimentali, intorno alle quali, anche in Occidente, prolifera un mercato della salute. L’approccio multidisciplinare dell’intervistato lo porta, infine, a ridimensionare o meglio a contestualizzare l’intervento medico in una rete di altri interventi altrettanto necessari. “Alcune delle malattie che ho citato sono trasmesse da insetti, in particolare da zanzare; oppure sono la conseguenza di mancanza di strutture igieniche. La mia opinione è che non si può fare vera medicina senza coinvolgere la tutela dell’habitat, l’urbanistica, l’educazione e, ribadisco, bisogna garantire il diritto a una sufficiente ed equilibrata alimentazione, senza la quale anche un farmaco, in un corpo debilitato e sotto peso, si può trasformare in un veleno”. (a cura di Barbara Fabiani)
SUD DEL MONDO 27/11/2005 13.03
QUEL COLERA GIUNTO DALL'ASIA....
(PIME)Sono quasi 50.000 le persone coinvolte nelle innumerevoli epidemie di colera che nei mesi scorsi si sono registrate in varie zone dell’Africa e soprattutto nella regione occidentale del continente. Un fenomeno, quello di quest’anno, definito eccezionale dalla stessa Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che nei mesi scorsi ha addirittura organizzato un vertice urgente per cercare di porre rimedio a una situazione che in pochi mesi ha causato la morte verificata di un migliaio di persone ma che si teme abbia mietuto molte più vittime nelle zone rurali dei paesi africani interessati. Un fenomeno, quello del colera, considerato ormai endemico in molte zone dell’Africa, dove le epidemie si susseguono ogni anno a ogni stagione delle piogge, ma che in realtà è relativamente nuovo per il continente. “Il particolare tipo di colera che causa epidemie come quelle dei mesi scorsi era sconosciuto in Africa fino a 30 anni fa” ha detto alla MISNA Gianfranco de Maio, responsabile di Medici senza frontiere (Msf). Il vibrione che lo causa, infatti, è arrivato dall’Asia negli anni’70, anche se ormai la sua presenza è quasi endemica in molte zone d’Africa. La scarsità di infrastrutture (soprattutto idriche) e il boom dell’urbanizzazione cominciato negli anni ’70, con i quartieri poveri cresciuti spontaneamente e al di fuori di qualsiasi programmazione, sono tra i fattori che hanno contribuito maggiormente a diffondere il colera in Africa. “Quest’anno stiamo comunque assistendo – aggiunge il dottor de Maio– a una diffusione particolarmente forte”. È così difficile contrastare il colera? “Rispetto ad altre epidemie - risponde De Maio - la diffusione del colera è particolarmente semplice da bloccare: è fondamentale isolare i pazienti, successivamente curarli con acqua e sali minerali per bloccare il processo di disidratazione e infine individuare il focolaio e disinfettarlo con pastiglie di cloro. Questo in casi di un’emergenza, mentre sul lungo periodo è fondamentale informare la popolazione sulle poche ed elementari misure preventive da attuare. Ad esempio bisognerebbe ripetere all’infinito che non conviene bere l’acqua dei principali laghi africani, dove il vibrione sembra ormai endemico”.
nomeutente
27-11-2005, 14:52
M raccomando stiamo in fila che tutti avremo il nostro turmo per commentare la notizia.
Il problema è questo, Ewigen... roba lontana di cui interessa poco... la vera notizia ce l'hai quando non trovi l'aspirina nella farmacia sotto casa.
purtroppo niente di nuovo...
i media si mobilitano solo per cose eclatanti e neanche sempre, per esempio si sono dimenticati del terremoto in pakistan...
migliaia di morti al giorno per un male che vediamo così lontano non toccano l'audience e rendono quelle persone ancora più sole e dimenticate.
tdi150cv
27-11-2005, 17:20
dimenticate no ...
e' che se cominci a parlarne secondo me scateni ancora di piu' questa voglia di razzismo che giorno dopo giorno cresce ... e non e' un caso che in isolamento negli ospedali piu' grossi d'italia abbiamo casi di malattie da noi dimenticate da decenni ... malattie guarda cas presenti in sud africa e zone analoghe ...
dimenticate no ...
e' che se cominci a parlarne secondo me scateni ancora di piu' questa voglia di razzismo che giorno dopo giorno cresce ... e non e' un caso che in isolamento negli ospedali piu' grossi d'italia abbiamo casi di malattie da noi dimenticate da decenni ... malattie guarda cas presenti in sud africa e zone analoghe ...
Cioè? Gli immigrati sono infetti?
nomeutente
28-11-2005, 09:44
dimenticate no ...
e' che se cominci a parlarne secondo me scateni ancora di piu' questa voglia di razzismo che giorno dopo giorno cresce ... e non e' un caso che in isolamento negli ospedali piu' grossi d'italia abbiamo casi di malattie da noi dimenticate da decenni ... malattie guarda cas presenti in sud africa e zone analoghe ...
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Il problema è questo, Ewigen... roba lontana di cui interessa poco..
Ti rispondo anche se non sono Ewigen, visto che lui ed io apriamo spesso thread sugli stessi argomenti.
Non è vero che interessa poco, thread come questi vengono letti, ma molti non postano perchè non sanno cosa dire, sia perchè si conosce poco o nulla della storia, della geografia e della realtà di quelle nazioni.
Purtroppo la geografia in Italia (insegnata malissimo per colpa dei programmi ministeriali) è troppo in secondo piano rispetto alla storia e alla politica interna.
Inoltre nel caso dell'Africa, del Sud America o di molte nazioni asiatiche non c'è un dualismo in cui schierarsi (occidente vs islam, polo vs ulivo, cattolicesimo vs laici/altre religioni)
Per i Tg e la gran parte dei media italiani quelle nazioni non esistono; non è il pubblico che decide quali notizie vengono date dai telegiornali (che sono sempre sempre più programmi di intrattenimento e di pubblicità a programmi di rete, film, dischi e libri degli stessi autori).
L'importante alla fine è informare e fare divulgazione su quello che succede in tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, Medio Oriente e USA.
HenryTheFirst
28-11-2005, 14:20
Ti rispondo anche se non sono Ewigen, visto che lui ed io
L'importante alla fine è informare e fare divulgazione su quello che succede in tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, Medio Oriente e USA.
Quoto. Io leggo spesso www.misna.org per avere informazioni su ciò che accade nel "sud del mondo", qua non posto perchè ci siete già tu ed ewigen ad aprire thread relativi a quelle notizie, e non partecipo alle discussioni (lo faccio poco anche per quanto riguarda gli altri argomenti) perchè non ritengo di avere qualcosa di più da dire rispetto a quanto viene detto da altri utenti, alla fine sarebbero cmq solo chiacchere da bar...
Come dici tu l'importante è rendere presente alla comunità che esistono certi problemi, e quella di HWU forse è abbastanza grande da creare un effetto "passaparola". Inoltre non è vero che questi problemi non ci riguardano: prima di tutto stiamo parlando di uomini come noi che soffrono, secondo, anche se dal punto di vista umano la cosa non ci riguardasse, dobbiamo tener presente che un'area così vasta afflitta da problemi così grandi è una polveriera che rischia di esplodere da un momento all'altro. Pensiamo per esempio all'immigrazione: moltissimi se ne lamentano, ma magari non valutano l'ipotesi che questa si placherebbe se ci si impegnasse a risolvere certi problemi presenti negli stati a più elevato tasso di emigrazione. Certo la cosa non è semplice, soprattutto considerando la situazione politica che interessa la maggior parte di questi posti, ma se non si comincia almeno a parlarne la situazione non verrà mai risolta.
Ciao!
nomeutente
28-11-2005, 14:45
Non è vero che interessa poco, thread come questi vengono letti,
Mah... se faccio un attimo due conti (molto a spanne e a memoria), mi pare che il 3d sul giudizio dell'economist sull'Italia abbia avuto il 900% di visite in più e quello sullo stupro il 1800% in più.
Sia chiaro che non intendo accusare/insultare nessuno. Mi metto anch'io nel mazzo, perché sono il primo che va a leggere e rispondere a post inerenti problemi che mi toccano più da vicino. E' comprensibile e deprimente allo stesso tempo.
ma molti non postano perchè non sanno cosa dire, sia perchè si conosce poco o nulla della storia, della geografia e della realtà di quelle nazioni.
Purtroppo la geografia in Italia (insegnata malissimo per colpa dei programmi ministeriali) è troppo in secondo piano rispetto alla storia e alla politica interna.
E' vero, però c'è anche da dire che se uno muore di diarrea nel paese X, non è che sia importante sapere dov'è il paese X, quanto il fatto che un pover'uomo è morto per una stupidaggine.
Inoltre nel caso dell'Africa, del Sud America o di molte nazioni asiatiche non c'è un dualismo in cui schierarsi (occidente vs islam, polo vs ulivo, cattolicesimo vs laici/altre religioni)
E ci mancherebbe solo quello. Le poche volte che l'occidente si interessa di questa povera gente è quando c'è la possibilità di tifare per l'uno o per l'altro, con relativa vendita di armi e "missioni di pace".
Per i Tg e la gran parte dei media italiani quelle nazioni non esistono; non è il pubblico che decide quali notizie vengono date dai telegiornali (che sono sempre sempre più programmi di intrattenimento e di pubblicità a programmi di rete, film, dischi e libri degli stessi autori).
Secondo me i media sono in parte anche ciò che vogliamo noi.
L'importante alla fine è informare e fare divulgazione su quello che succede in tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, Medio Oriente e USA.
Infatti credo che sia una buona cosa che ci sia chi apre 3d come questi, tuttavia c'è un particolare che continua a rodermi:
“L’attenzione dedicata a una patologia, e ai malati, è direttamente proporzionale al movimento economico che questa riesce ad innescare”
Insomma questo è un enorme atto d'accusa nei confronti di un sistema economico che non è finalizzato alla soddisfazione dei bisogni umani ma a far girare la moneta.
Ci sono senz'altro tante persone che condividono, ma temo che siano molte di più quelle che pensano che questi sono solo "piccoli difetti", per cui questi temi saranno sempre e solo considerati marginali, perché se venissero messi al centro significherebbe mettere in discussione tutti quei bei principi e belle parole su cui si fonda l'occidente.
Ti rispondo anche se non sono Ewigen, visto che lui ed io apriamo spesso thread sugli stessi argomenti.
Non è vero che interessa poco, thread come questi vengono letti, ma molti non postano perchè non sanno cosa dire, sia perchè si conosce poco o nulla della storia, della geografia e della realtà di quelle nazioni.
Purtroppo la geografia in Italia (insegnata malissimo per colpa dei programmi ministeriali) è troppo in secondo piano rispetto alla storia e alla politica interna.
Inoltre nel caso dell'Africa, del Sud America o di molte nazioni asiatiche non c'è un dualismo in cui schierarsi (occidente vs islam, polo vs ulivo, cattolicesimo vs laici/altre religioni)
Per i Tg e la gran parte dei media italiani quelle nazioni non esistono; non è il pubblico che decide quali notizie vengono date dai telegiornali (che sono sempre sempre più programmi di intrattenimento e di pubblicità a programmi di rete, film, dischi e libri degli stessi autori).
L'importante alla fine è informare e fare divulgazione su quello che succede in tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, Medio Oriente e USA.
:mano:.
tdi150cv
28-11-2005, 18:27
:doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh: :doh:
NO NO ... in realta' siamo noi a ricreare i vari virus in laboratorio e lasciarli liberi nell'aria ... :rotfl:
LESOTO – Solo 6.000 ammalati di Aids/Sida beneficiano oggi della distribuzione gratuita di anti-retrovirali, in un Paese di 1,8 milioni di abitanti che con il 30% della popolazione sieropositiva detiene uno dei più alti tassi al mondo. Lo afferma Bertrand Desmoulins, rappresentante dell’Unicef nel Paese; in base al programma dell’Unlaids, l’agenzia dell’Onu per la lotta alla pandemia, in Lesoto dovrebbero essere 28.000 i destinatari di questo tipo di farmaci.
GUINEA-BISSAU 28/12/2005 13.19
EPIDEMIA DI COLERA: PER GOVERNO “IL PEGGIO È PASSATO”
Il periodo peggiore dell’epidemia di colera in Guinea Bissau è passato: lo ha detto il ministro della sanità Antonia Mendes Teixeira, sottolineando che nelle ultime tre settimane non si sono verificati nuovi casi della malattia, la quale, secondo gli ultimi dati diffusi dal dicastero, da giugno scorso ha contagiato 25.111 persone e ne ha uccise 399. La Teixeira ha però invitato la popolazione a “mantenere uno stato di vigilanza se vuole evitare una recrudescenza dell’epidemia”, specialmente durante questo periodo festivo in cui pranzi e cene di gruppo possono favorire le infezioni intestinali. Anche Maya Siblini dell’Ocha (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari) ha affermato che “dal 21 dicembre scorso la situazione è sotto controllo in Guinea Bissau”, aggiungendo che il numero dei casi di colera è basso in tutto il paese e anche nel vicino Senegal, anch’esso colpito dal morbo. Il mese scorso l’Ocha aveva lanciato un appello alla comunità internazionale per raccogliere 3,2 milioni di dollari necessari a fronteggiare l’epidemia nello Stato africano, ma la richiesta era caduta nel vuoto, mentre per fortuna i contagi diminuivano grazie anche alla fine della stagione delle piogge e al graduale miglioramento climatico. Per sconfiggere il vibrione, batterio responsabile del colera che si riproduce nell’acqua stagnante e negli scoli fognari, le autorità della Guinea Bissau hanno esortato la popolazione ad adottare misure igieniche basilari, quali lavarsi spesso le mani e far bollire l’acqua usata per dissetarsi o cucinare. Sebbene la minaccia rappresentata da questa malattia sembri conclusa, il ministro della sanità ha lanciato un nuovo allarme riguardante la febbre gialla, che ha già ucciso diverse persone nella vicina Guinea-Conakry: a Pitche, nell’est della Guinea Bissau, ne sono già stati segnalati due casi e il governo sta adottando misure per contrastare un’eventuale diffusione di questa infezione virale trasmessa dalle zanzare della specie Aedes Aegypti
ANGOLA – 48 persone sono morte di colera su 2.026 casi registrati nella provincia della capitale Luanda, dalla metà di febbraio fino a oggi: lo si apprende da fonti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo cui l’epidemia continua ad allargarsi anche alle province di Bengo, Benguela e Kwanza Norte.[MISNA]
beppegrillo
03-04-2006, 22:34
Fà una tristezza enorme vedere un continente enorme, piegato in ginocchio... :muro:
ANGOLA 6/4/2006 11.37
EPIDEMIA DI COLERA SI ESTENDE OLTRE LA CAPITALE
Iniziata nella capitale Luanda, l’epidemia di colera che da metà febbraio colpisce l’Angola, si è andata estendendo anche alle province circostanti. Lo hanno annunciato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e il ministero della Sanità angolano in una nota congiunta in cui si precisa che dal 14 febbraio scorso al 4 aprile l’epidemia ha fatto registrare 155 vittime e 3693 contagi in tutto il paese. Secondo il nuovo bollettino, l’epidemia resta più grave nella capitale Luanda (53 decessi e 2300 contagi), ma i dati continua a peggiorare anche nelle province do Benguela (40 morti e 479 casi), Kwanza Norte (407 contagi, 36 dei quali mortali) e Bengo (532 casi e 26 vittime). Ministero della Sanità e Oms sono impegnati in operazioni di contenimento del vibrione, la cui diffusione è favorita dalle forti piogge (che hanno causato alluvioni in varie zone del paese) che da giorni stanno colpendo l’Angola e soprattutto la zona di Luanda.
AFRICA 11/4/2006 8.47
SICCITÀ E CARESTIA: SEMPRE PIU' GRAVI MALNUTRIZIONE E MALATTIE
Malaria, colera, tubercolosi e infezioni respiratorie stanno aumentando a dismisura a causa della prolungata siccità in ampie regioni del Corno d’Africa, in particolare Somalia, Etiopia, Gibuti, nord-est del Kenya, Eritrea: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms/Who), anche la copertura immunitaria garantita da adeguate campagne di vaccinazione infantile resta molto bassa in tutta la zona: si stima che in Somalia non superi il 30%, mentre tra Gibuti e l’Etiopia, due bambini su tre avrebbero qualche forma di vaccino. L’ultimo livello di malnutrizione registrato è ormai del 20%: un bambino su cinque di età inferiore ai 5 anni è affetto da mancanza di cibo che accresce il rischio di decesso; la soglia critica del 15%, secondo l’Oms, è ampiamente superata. Sarebbero ormai oltre 12 milioni i civili esposti alle serie conseguenze della siccità, a causa di due stagioni delle piogge praticamente prive di precipitazioni; in Somalia, in particolare, circa 2 milioni di persone rischiano la “grave emergenza alimentare” con cui gli esperti definiscono il rischio di 10.000 vittime al mese.
NIGER 13/4/2006 2.27
NUOVA EPIDEMIA DI MENINGITE, OLTRE 100 LE VITTIME
Sono 109 le persone morte dall’inizio dell’anno in Niger a causa di un’epidemia di meningite che nell’ultimo mese sembra aver preso nuova forza. Lo riferiscono fonti delle Nazioni Unite a Niamey, precisando che la malattia, i cui primi sintomi sono comparsi lo scorso gennaio, ha fatto registrare un picco di contagi e casi mortali dal 10 marzo al 10 aprile. I 109 decessi e 1550 casi registrati contenuti nell’ultimo bilancio e relativi agli ultimi 30 giorni dimostrano come la diffusione della malattia sia più che raddoppiata rispetto alle stime (52 morti e 802 casi) di contagi e vittime che avevano caratterizzato l’epidemia dalla sua comparsa ai primi di gennaio. Secondo l’istituto nazionale di Sanità nigerino, l’epidemia in corso è peggiore anche di quella che ha colpito lo scorso anno il paese (550 infezione e 76 decessi) e che porto a una massiccia campagna di vaccinazione. Dall’inizio dell’anno epidemie di meningite sono esplose nella regione e attualmente sono in corso anche in Burkina Faso e in Costa d’Avorio. Il paese più colpito finora resta il Burkina Faso dove in poche settimane la malattia ha ucciso 784 persone contagiandone 8.186. La meningite è una delle malattie stagionali che in questo periodo colpisce soprattutto i paesi del Sahel, arrivando anche fino all’Etiopia.
ANGOLA 20/4/2006 13.27
SI AGGRAVA EPIDEMIA DI COLERA, NUOVO BILANCIO
Dall’inizio dell’epidemia, il 14 febbraio scorso, il colera in Angola ha ucciso 646 persone e ne ha contagiate 13.811 nelle sei province del paese, secondo gli ultimi dati riferiti alla MISNA dall’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms/Who), aggiornati al 19 aprile. La situazione più grave è quella della capitale, dove 126 persone sono morte e 6.824 si sono ammalate; seguono nel bilancio le città di Benguela e Bengo. La principale causa della diffusione del vibrione che causa la malattia è la mancanza di acqua salubre e di un adeguato sistema fognario. Il ministro della Sanità angolano, Sebastião Veloso, ha detto che esistono sufficienti mezzi e medicinali per provvedere all’emergenza e ha aggiunto che negli ultimi anni le cicliche epidemia di colera che colpiscono il paese hanno comunque ridotto la loro virulenza, ricordando i tempi in cui si ammalavano 560 persone al giorno. L’Angola gode nuovamente della pace dal 2002, dopo 27 di guerra civile che ha devastato il paese.
Più fanno figli e peggio sarà...in questa situazione di circolo vizioso è pazzesco vedere una via di uscita per queste povere persone
21 aprile 2006 17.54
SANITÀ, IN AFRICA LA MALARIA
UCCIDE 1 BIMBO OGNI 30 SECONDI
Ogni 30 secondi in Africa un bambino muore di malaria, mentre solo un numero ridottissimo di pazienti africani affetti da malaria ha accesso a cure efficaci che potrebbero curarli in pochi giorni. La denuncia è di Medici senza frontiere (Msf) che sottolinea come le strutture sanitarie governative continuino a dare ai pazienti i vecchi farmaci antimalarici invece dei nuovi trattamenti che funzionano, nonostante siano trascorsi quattro anni dalla raccomandazione ufficiale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ai paesi di passare dai vecchi trattamenti contro la malaria alle terapie combinate a base di derivati dell'artemisina (act), e due anni dalla decisione del Global Fund di finanziarli.
In Guinea meno dell'1% di tutti i pazienti affetti da malaria riceve le act, dice Msf, e anche in Zambia e negli altri paesi, come Sudan, Kenya, Malawi, Costa d'Avorio e Sierra Leone, la situazione è simile. Ad oggi, circa 40 paesi africani hanno adottato le act come protocollo nazionale per il trattamento della malaria. Di questi, oltre il 70% non implementa, o lo fa molto lentamente, tale protocollo, a causa della mancanza di volontà politica, di risorse finanziarie e umane, di formazione degli operatori sanitari, la mancanza di scorte di act di qualità garantita e il fatto che gli operatori sanitari non abbiano accesso ai test diagnostici rapidi.
"L'assenza di un sostegno coordinato ai paesi da parte del programma contro la malaria dell'Oms, della partnership "Roll Back Malaria" e di donatori come la 'US President's Malaria Initiatiavè - aggiunge Prudence Hamade, coordinatrice del gruppo di lavoro sulla malaria di Msf - ha ostacolato la
rifornitura e la distribuzione delle act a livello dei singoli paesi. Inoltre, dei 208 milioni di dollari allocati dal Global Fund per le act dal 2002, solo il 30% circa è stato effettivamente usato per l'ottenimento di questa terapia raccomandata".[Avvenire]
ANGOLA 27/4/2006 20.38
CONTINUA A ESTENDERSI L'EPIDEMIA DI COLERA
Peggiora giorno dopo giorno l’epidemia di colera in Angola, dove il bilancio delle vittime continua a crescere senza sosta ormai da dieci settimane. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sono ormai oltre 20.000 i contagi e 941 le morti per colera da quando a metà febbraio il vibrione ha fatto la sua comparsa nella capitale Luanda. Il ministro della sanità Sebastiao Veloso ha dichiarato nei giorni scorsi che la situazione è sotto controllo e che il picco dell’epidemia è stato ormai superato. Ma non sembrano pensarla così gli operatori umanitari sul campo e la stampa angolana, che ha iniziato a esprimere dubbi sull’efficacia dei provvedimenti presi finora per arginare quella che ormai viene definita “un’emergenza nazionale”. “Non è mia intenzione contraddire il ministro, ma la situazione qui è preoccupante” dice alla MISNA Laura Fantozzi, cooperante dell’organizzazione non governativa (ong) italiana ‘Medici con l’Africa Cuamm’, una delle più attive in Angola nel settore sanitario. “Girando per le favelas, affollate di gente poverissima in case di fango e lamiera, emerge chiaramente la vera dimensione del problema. Le ultime piogge abbondanti hanno peggiorato la situazione facendo scoppiare la già pessima rete fognaria, riempiendo i canali di scolo e contaminando le fonti d’acqua. In queste condizioni sociosanitarie è inevitabile che il colera dilaghi”. L’epidemia ha colpito sei delle 18 province angolane, prevalentemente nel sud, ma casi sospetti, e ancora non confermati, sono stati segnalati nella regione settentrionale di Uige. “Nell’ultima settimana in tutto il paese sono stati registrati più di 800 nuovi casi al giorno – continua Fantozzi - un tasso davvero alto soprattutto se si pensa che un 20% dei contagiati non si reca negli ospedali per vergogna o perché impossibilitato a farlo”. La testata ‘Seminario Angolense’ nella sua edizione corrente pone, nella sua rubrica fissa sui ‘buoni e cattivi’ del paese, il governo di Luanda tra i soggetti criticabili per come sta affrontando la crisi e soprattutto “per non aver ancora chiesto aiuto alla comunità internazionale”. Secondo la stampa angolana, le autorità stanno tentennando per non spaventare gli investitori stranieri mentre il paese, uscito nel 2002 da una guerra civile quasi trentennale, sta vivendo un momento di boom economico grazie ad un promettente avvio del mercato petrolifero e minerario.
MOZAMBICO 28/4/2006 8.21
MALARIA, TRATTAMENTO GRATUITO NEGLI OSPEDALI PUBBLICI
Cure gratuite per gli oltre 5 milioni di casi all’anno di malaria in Mozambico, che nel 2005 hanno provocato 4.209 decessi: lo hanno annunciato le autorità sanitarie di Maputo, precisando che i trattamenti saranno a disposizione dei cittadini in tutti i centri sanitari del paese. L’abbattimento dei costi per le cure anti-malariche è solo una delle misure annunciate in questi giorni, in occasione della giornata africana contro la malaria. Il vicedirettore nazionale della sanità, Martino Djedje, ha detto che sono previsti anche campagne di interventi casa-per-casa (con appositi spray anti-zanzara) e progetti per l’eliminazione delle acque stagnanti, dove normalmente prolifera la zanzara anofele, portatrice del parassita ‘plasmodium’ che provoca poi la malattia. In Mozambico la malaria è la prima causa di ammissione negli ospedali; insieme alla tubercolosi e all’Aids/Sida, costituisce oggi una delle prime emergenze sanitarie in tutto il pianeta e nell’Africa sub-sahariana in particolare; nel continente si registra circa l’80% dei decessi per malaria nel mondo, che sono più di un milione all’anno. Proprio nei giorni scorsi il Mozambico ha denunciato che gli interessi relativi al debito estero limitano le risorse economiche in settori come la sanità e l’istruzione; secondo l’indice di sviluppo umano dell’Onu, il Mozambico è il 171° paese su 177, con un’aspettativa di vita intorno ai 40 anni.
AFRICA 4/5/2006 8.19
SANITÀ: UN SUMMIT PER CERCARE "POSIZIONE COMUNE AFRICANA"
I ministri della Salute e altre figure governative di 24 paesi africani si riuniranno oggi ad Abuja, capitale della Nigeria, per un summit di tre giorni organizzato dall’Unione Africana su come affrontare le tre principali emergenze sanitarie del continente. ‘Accesso universale ai servizi per Hiv/Aids, Tubercolosi e Malaria per l’Unione Africana entro il 2010’ questo l’esteso titolo della conferenza in cui si chiede ai capi di stato e di governo africano di mettere in atto “azioni straordinarie, urgenti e coraggiose” per arrivare al controllo delle tre epidemie entro il 2010. Nella conferenza saranno analizzati i progressi fatti nelle singole realtà nazionali dalla conferenza di Abuja del 2000 focalizzata sulla lotta alla malaria. Il Summit si concluderà con la stesura di un documento, una sorta di ‘Posizione africana comune’ su Aids, tubercolosi e malaria, che sarà presentato alla prossima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in agenda dal 31 al 2 giugno prossimo.
ANGOLA 4/5/2006 18.51
EPIDEMIA DI COLERA SUPERA LE MILLE VITTIME, UNA TESTIMONIANZA
Ha superato i mille morti - esattamente 1084 - il bilancio dell’epidemia di colera scoppiata a metà febbraio in Angola e con oltre 25.000 malati registrati finora in dieci province del paese, secondo gli ultimi dati forniti alla MISNA dall’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Malgrado l’aggravarsi della situazione, il governo angolano non ha per il momento chiesto ufficialmente aiuti alla comunità internazionale, mentre l’Oms ha già messo a disposizione ambulanze, staff medico e medicine. “Ci sono molte persone malate che sfuggono alle statistiche ufficiali perché non si recano in ospedale e spesso muoiono a casa” racconta alla MISNA don Luigino Frattin, missionario a Luanda della Società delle missioni africane (Sma). Il religioso vive nel quartiere povero di Kicolo, nella periferia nordest della capitale, un esteso agglomerato di casupole e baracche cresciuto a dismisura negli ultimi 10 anni prima con l’arrivo dei profughi causati dalla guerra e recentemente per i flussi di sfollati cacciati da altri quartieri per l’avvio di grandi opere urbanistiche nella capitale di 6 milioni di abitanti. I recenti investimenti stranieri nel settore petrolifero angolano, infatti, hanno determinato un ‘boom economico’ di cui però non tutti ancora godono. “A Kicolo vivono 400-500.000 persone - continua don Frattin - ma le fogne sono scoli a cielo aperto, e l’acqua potabile arriva ogni giorno a pagamento con le cisterne, ma spesso è acqua di fiume o di pozzi inquinati. Non c’è da stupirsi se in queste condizioni il colera proliferi”. Per arginare l’epidemia le autorità angolane hanno fatto allestire ‘centri di emergenza’ - con grandi tende da campo o in scuole, parrocchie o altre strutture - destinati solo ai malati di colera, ma non tutti ci vanno per “mancanza di fiducia” spiega il missionario. “L’ospedale sarebbe gratuito - racconta - ma nella loro esperienza gli angolani sanno che chiunque si presenti deve pagare una mancia per avere l’attenzione degli infermieri, il cibo, persino le medicine. Allora i più poveri neanche si avvicinano agli ospedali, se non quando è troppo tardi”. Nel quartiere di Kicolo, riferisce l’interlocutore, c’è un solo centro medico pubblico con 10-15 letti, qualche piccola struttura privata e due ambulatori della Caritas e delle suore Trappiste. “Oltre alle pessime condizioni igieniche, a contribuire al contagio ci sono anche comportamenti culturali” dice don Frattin, riferendosi ai riti funebri. “Il corpo viene tenuto in casa e lavato dai parenti, favorendo il passaggio dell’infezione: un problema che abbiamo già visto con l’epidemia della febbre di Marburg lo scorso anno. Ma è impossibile chiedere a questa gente di non toccare i loro morti”. Nel cercare di ricostruire il diffondersi della malattia, il missionario - che non ricorda situazioni simili dal 1999, quando è arrivato in Angola - dice che per molti giorni dai primi casi né il personale medico né le persone ammalate immaginavano si trattasse di colera, bensì una delle frequenti infezioni intestinali o addirittura malaria. Perciò la gente ha cercato di curarsi con la medicina tradizionale o altri farmaci non specifici, ovviamente senza alcun effetto.
SOMALIA 5/5/2006 15.58
MORBILLO: 100 MORTI IN DUE SETTIMANE
Nelle ultime due settimane il morbillo ha ucciso quasi 100 bambini nel sud della Somalia; lo hanno detto fonti locali alla radio somala. La maggior parte dei decessi sarebbe avvenuta nei villaggi lungo il corso del fiume Shabelle. La diffusione delle malattie infettive, il cui esito è aggravato dallo stato di malnutrizione, è una delle prime cause di morte tra i piccoli in Somalia, una delle nazioni con il più alto tasso di mortalità infantile del mondo. Nei giorni scorsi il ministro della Salute somalo, Abdulaziz Sheik Yusuf, aveva denunciato la ricomparsa della poliomielite nel paese dopo un’assenza di tre anni. Dal luglio del 2005 ad oggi - ha detto - sono stati registrati 191 casi di poliomielite e sembra che il contagio abbia già superato il confine con l’Etiopia. Congiuntamente all’Unicef, il ministro Yusuf ha chiesto aiuti per 8 milioni di dollari per una massiccia campagna di vaccinazione antipolio.
GHANA 6/5/2006 16.17
HIV: DIMINUITI I CONTAGI, SOPRATTUTTO TRA I PIU' GIOVANI
La percentuale di cittadini del Ghana contagiati dall' hiv - human immunodeficiency virus, precursore dell'omonima sindrome nota come aids/sida,sindrome dell'immunodeficienza acquisita - è scesa dal 3,1% del 2004 al 2,7% del 2005: lo rende noto il Nacp, Programma nazionale di controllo della sindrome, precisando che, confrontato con gli anni precedenti, il miglioramento è ancora più marcato. Secondo Nili Akwei, dirigente del Nacp, la diminuzione in corso (il tasso di ghanesi affetti da hiv rispetto al 2003 è sceso del 20%) indicherebbe una prossima stabilizzazione della malattia. Questo apre nuove prospettive ma anche nuovi problemi, ha aggiunto Akwesi, concludendo che sarà necessario ora trovare nuove strategie – e metodi di comunicazione - per non abbassare la guardia in nessun settore sociale. I dati a disposizione del Nacp dimostrano che la riduzione maggiore di persone affette da hiv si è registrato nella fascia d’età compresa tra 15 e 24 anni (dal 3,5% del 2002 all’attuale 1,9%), mentre il maggior tasso di contagio (5%) si è avuto tra i quarantenni. L'hiv può restare in incubazione per anni e non diventare mai sida/aids conclamata.
L’AFRICA CHE SOFFRE
Oggi un solo medico ogni 50mila abitanti Si creano centri sanitari, si forma il personale e si fa educazione perché tutti si sottopongano il test dell’Hiv
Salvare il Malawi
Un progetto tutto italiano contro l'epidemia di Aids
Dal Nostro Inviato A Lilongwe Paolo Lambruschi
Nophan ha 38 anni ed è già un sopravvissuto. «In Malawi l'aspettativa di vita non arriva a 40 anni. Siamo un Paese senza quarantenni e cinquantenni». Perché questa terra, chiamata "cuore caldo dell'Africa" per l'indole pacifica degli abitanti, dimenticata dall'Occidente, bagnata da un lago tropicale grande come l'Adriatico, è flagellata da una spaventosa epidemia di Aids. Il virus è arrivato dal vicino Sudafrica ed è esploso a causa della miseria in cui versa il 65% della popolazione.
Il Malawi è uno dei 15 Paesi più poveri del pianeta, ogni anno vi muoiono di Aids 83mila tra adulti e bambini. Una tragedia ignorata che mette in bilico il futuro. I sieropositivi sono quasi un milione, una mamma su cinque ha contratto il virus. La malnutrizione aumenta del 50% il rischio di contrarre malattie infettive e qui si mangia nshima, polenta di mais, mentre le cavallette che sciamano in quest'inizio di autunno australe, stagione fresca e secca, sono per molti cibo quotidiano. Nei primi cinque anni di vita il tasso di mortalità infantile è al 10%.
Banca Intesa e Fondazione Cariplo, la prima banca italiana e la sesta fondazione al mondo, hanno deciso di salvare una nazione considerata perduta dalla comunità internazionale e nel maggio 2005 hanno cofinanziato Project Malawi. Un modello innovativo di cooperazione che prevede l'intervento integrato di quattro ong per creare, entro il 2015, la prima generazione di bambini sani e rilanciare il Paese. «La stabilità democratica e l'assenza di conflitti sono oggi punti di forza - sostiene Marco Maiello, responsabile del progetto per la Fondazione Cariplo - insieme con la fertilità della terra. Il progetto, grazie all'opera dell'ong Cisp punta a battere l'Aids e a diversificare l'agricoltura. Il valore aggiunto del nostro progetto è far lavorare in rete le quattro organizzazioni. Alla fine i risultati saranno superiori alla somma dei rispettivi sforzi».
Il Malawi, dopo 120 anni di colonizzazione inglese, oggi vanta una democrazia multipartitica. Ma, ottenuta l'indipendenza da Londra, per 30 anni ha subito la sanguinaria dittatura di Hastings Banda, il "Dottore" che lo isolò dal mondo. Arrivò persino a riconoscere, unico leader nero, il regime dell'apartheid di Pretoria. Nel 1992, i vescovi della Chiesa cattolica (cui appartiene il 35% della popolazione, il 25% sono protestanti, il 10 musulmani, il resto segue la religione tradizionale) ne denunciarono i crimini, l'anno dopo un referendum lo cacciò.
Incontriamo Nophan, superstite della generazione bruciata dall'Aids, in una scuola elementare vicina a Blantyre, la capitale commerciale, nel Sud. Fa lo scout volontario con Magga-Sam, ong locale che nel progetto si occupa di prevenzione. «Soprattutto in città - spiega - tre bambini su quattro riescono a frequentare la scuola primaria; ma a 10 anni molti abbandonano e allora la probabilità di comportamenti a rischio aumenta». Attraverso la formazione di educatori gli scout stanno organizzando una campagna di formazione sanitaria per i giovanissimi e incontri di sensibilizzazione con gli adulti. Passaggi decisivi in Malawi, che ha tre grandi ospedali e il peggior rapporto mondiale tra medici e popolazione: uno ogni 50mila abitanti. Nel Paese si conta un solo pediatra.
«Su 13 milioni di abitanti vi sono 500mila orfani per Hiv e aumentano al ritmo di 60mila all'anno. Nel 2010 potrebbero raddoppiare. Il loro dramma mina il nostro futuro - commenta Novice Camusi, direttore del programma Community Hiv di Save the Children -, nelle campagne chi perde i genitori per Aids è curato dalla famiglia allargata, In città i bambini rischiano di morire di fame o vivere in strada». Per Project Malawi l'ong costruirà 100 centri di assistenza per 1000 minori e formerà operatori comunitari.
Blantyre è stata scelta come area pilota del progetto. Il 2 maggio è stato inaugurato un centro sanitario gestito dalla Comunità di Sant'Egidio, che ha il compito di affrontare l'emergenza primaria, l'epidemia, con il programma sanitario Dream.
«I pilastri sono la possibilità di operare a lungo termine - spiega Paola Germano, volontaria, medico dello "Spallanzani" di Roma e coordinatrice per l'Africa di Dream - e la qualità terapeutica dell'intervento. In più, medici e biologi italiani formeranno personale locale». Portare i malawiani a fare il test Hiv è il primo obiettivo. «In questa società è forte lo stigma della malattia, per paura decidono di esaminarsi solo quando vedono i familiari morire. Per convincerli utilizziamo operatoi locali, spesso persone sieropositive in cura». Paola mostra una busta con la luna e il sole disegnate. «Così spieghiamo anche agli analfabeti quando devono prendere le pastiglie».
Lungo l'unica arteria stradale che corre verso Nord e collega Blantyre a Lilongwe, la capitale, le abitazioni vengono inghiottite dalla boscaglia. Ai bordi della strada i fuochi illuminano povere bancarelle che vendono frutta e oggetti di artigianato, mentre persone di tutte le età camminano apparentemente senza meta. Vivono in villaggi completamente isolati. Come Mpote, 50 km dalla capitale, dove il capo comunità Austen White, 35 anni, racconta che ogni famiglia coltiva mais e tabacco che vende agli intermediari a mezzo dollaro al chilo. Nella capitale passa poi di mano a 1,70 dollari mentre il prezzo finale di mercato è 2 dollari. Ma nessuno di questi contadini sfruttati è mai stato a Lilongwe perché i minibus costano due dollari, una fortuna.
Da qualche mese, grazie agli operatori di Sant'Egidio si spingono a fare il test fino all'ospedale di Mthengo wa Ntenga, ampliato da Project Malawi . Dove vediamo Rejoise, la prima bimba nata sana un mese fa da mamma sieropositiva, una goccia di speranza per il cuore malato dell'Africa.[Avvenire]
ANGOLA 8/5/2006 18.06
COLERA: NUOVO BILANCIO DELL’OMS, OLTRE 30.000 CONTAGI
[PIME] Non accenna a rallentare l’epidemia di colera in Angola dove nelle ultime 24 ore sono state registrate 7 nuove vittime e 677 contagi, portando il bilancio complessivo a 1145 morti e 30.011 contagiati in 10 delle 18 province del paese. La MISNA lo ha appreso dall’aggiornamento diffuso oggi dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in cui si precisa che il tasso di mortalità è stato stimato al 4%. Per affrontare l’epidemia, iniziata 11 settimane fa con il primo caso registrato nella capitale Luanda, le autorità sanitarie hanno predisposto alcuni ‘centri di reidratazione’ nella capitale e nelle zone colpite, mentre si moltiplicano gli appelli alla prevenzione attraverso la radio e la televisione; ma il governo non ha per il momento chiesto aiuti internazionali. Nei giorni scorsi l’Unicef, tra le agenzie umanitarie che stanno cercando di contenere l’epidemia, ha chiesto alla comunità internazionale un milione di dollari necessari per continuare la distribuzione di sali minerali, disinfettante, sapone, guanti e altri mezzi igenico-sanitari utili a prevenire il contagio. “L’impressione è che l’Angola sia stata colta di sorpresa da questa epidemia, poiché il colera qui è relativamente poco conosciuto”, dice alla MISNA Andrea Aztori, coordinatore delle attività dell’organizzazione non governativa Cuamm Medici per l’Africa, contattato a Luanda e che in passato ha seguito simili emergenze in Mozambico. “A differenza di altri paesi africani, dove il colera è ciclico e si presenta quasi ogni anno, l’ultima epidemia in Angola risale al 1988. Questa minore esperienza può aver colto impreparate le strutture sanitarie e i medici nel diagnosticare la malattia e predisporre misure di contenimento del contagio”, dice Aztori, la cui organizzazione si è messa a disposizione del ministero della Sanità angolano. L’ aggiornamento del personale sanitario sulle caratteristiche epidemiologiche del colera e quello degli ‘operatori di base’ (incaricati di far conoscere alla popolazione questa malattia, sostanzialmente ignota ai più) possono essere tra gli elementi chiave per arginare il contagio, secondo l’esperienza dell’interlocutore. Gli esperti stanno cercando di comprendere le cause di questa improvvisa insorgenza dell’epidemia, visto che i fattori che favoriscono il colera - sovraffollamento nei quartieri poveri, mancanza di servizi igienici, fonti d’acqua non protette - sono presenti da molti anni in Angola. L’epicentro del contagio resta la capitale Luanda e i territori circostanti, con 217 vittime e 15.145 contagi; ma il maggior numero di morti si è registrato nella provincia di Benguela, con 484 vittime su 6.817 malati.
TANZANIA 9/5/2006 4.33
PER LOTTA A MALARIA, RIMOSSO BANDO CONTRO INSETTICIDA
Dopo oltre dieci anni, il governo ha rimosso il bando sull’uso dell’insetticida noto come ‘Ddt’, con l’obiettivo di rafforzare la lotta contro la malaria, che ogni anno provoca la morte di almeno 100.000 persone. Secondo il quotidiano locale ‘The Citizen’, il ministro della salute, David Mwakyusa, ha sostenuto che il provvedimento dovrebbe garantire strumenti più efficaci contro la malattia che, nel 70% dei casi, colpisce soprattutto i bambini di età inferiore ai 5 anni. In Tanzania – ma i dati sono simili anche in altri paesi con le medesime caratteristiche climatiche e ambientali – un terzo delle persone che si recano in ospedali, dispensari o strutture private, sono legate al ‘fattore malaria”. In molti paesi dell’Africa, la malaria – insieme a sida/aids e tubercolosi – è una delle principali cause di morte. Il ‘Ddt’, col nome commerciale di dicloro, difenil-tricoloroteano – avrebbe provocato in modo indiretto un aumento del numero di persone infette in Tanzania; l’uso di questo tipo di insetticida, è stato abbandonato dopo l’inserimento in una lista di 12 prodotti “organici” considerati inquinanti in base alla Convenzione di Stoccolma del 2001.
ITALIA 9/5/2006 8.57
LUCCA: TAVOLA ROTONDA SU LOTTA ALL’AIDS (SIDA) IN AFRICA
Una tavola rotonda sulla lotta alla sindrome di immunodeficienza acquista (sida/aids) in Africa apre, questa sera al Palazzo Ducale di Lucca, una serie di manifestazioni per presentare il progetto “Crescere la speranza : lotta contro l’hiv e la malnutrizione infantile in Rwanda”, promosso dall’ Ufficio per la Pastorale Missionaria della Diocesi di Lucca, in collaborazione con organizzazioni rwandesi, la Provincia di Lucca , la locale Azienda Usl 2 , il Comune di Capannoni e le associazioni di volontariato lucchesi. L'iniziativa, che prevede una spesa complessiva di 617.900 euro, ha in particolare lo scopo di potenziare quattro centri sanitari pilota nelle località di Byumba, Umutara, Gitarama, Butare - anche con l’invio di personale sanitario lucchese in Randa - ed è sviluppata partendo dal ‘Tavolo di Coordinamento Provinciale sul Rwanda’, promosso dalla Provincia di Lucca nel 2005 e costituito da rappresentanti di tutti gli enti che vi aderiscono. Accanto alla lotta al contagio da hiv (human immunodeficiency virus) notevole anche l'impegno contro la malnutrizione infantile. Numerosi sono gli organismi coinvolti tra cui Caritas, Amani Nyayo, Amatafrica, Kwizera Gruppo Missionario di Gallicano, Congregazione delle Suore Oblate dello Spirito Santo. Alla Tavola Rotonda di stasera, coordinata dalla MISNA, è prevista la partecipazione di Massimo Toschi, assessore alla cooperazione internazionale della Regione Toscana, del direttore del Centro Cooperazione Missionaria di Lucca Don Silvio Righi, del presidente del Ceis Don Bruno Freudiani e di altri esponenti locali e collaboratori del progetto.
NIGERIA 9/5/2006 7.15
MISTERO SU SPERIMENTAZIONE ILLEGALE DI FARMACI SU BAMBINI
[PIME]Secondo un rapporto medico, completato 5 anni fa ma da allora rimasto segreto, nel 1996 un centinaio di bambini nigeriani fu sottoposto dalla società farmaceutica Pfizer a una sperimentazione medica non autorizzata. Nel rapporto - scoperto dalla testata statunitense ‘Washington Post’ e rilanciato oggi dal ‘Daily Champion’, uno dei quotidiani più letti della Nigeria, la commissione medica che lo ha redatto afferma che la Pfizer selezionò nell’ospedale di Kano 100 bambini somministrando loro il Trovan, un medicinale contro la meningite non ancora approvato dalle autorità farmaceutiche americane. Nel 1997, infatti gli Usa approvarono l’utilizzo del medicinale sugli adulti, sottoponendolo comunque due anni più tardi a forti restrizioni, ma non concessero mai i permessi per l’infanzia. La stessa medicina non è approvata dell’Unione Europea. Non è chiaro se i piccoli scelti fossero davvero affetti da meningite, ma cinque di quelli che presero il farmaco morirono, altri svilupparono l’artrite o ebbero danni celebrali; anche altri sei bambini cui era stato dato un placebo di controllo persero la vita. Non fu possibile stabilire se la morte dei bambini o l’insorgenza di altre malattie fossero in correlazione con l’esperimento. Secondo la commissione medica nigeriana non ci sono prove che le famiglie furono adeguatamente informate dei rischi della sperimentazione; inoltre il certificato del comitato etico della Nigeria, in cui si approvava l’operazione, risultò essere stato falsificato dal capo dei ricercatori della Pfizer a Kano. Nel rapporto stilato all’epoca dei fatti dalla commissione medica nigeriana incaricata si affermò che l’esperimento era “un test illegale di una medicina non registrata”, in contravvenzione alla Dichiarazione internazionale di Helsinky e alla Dichiarazione Onu dei diritti dell’infanzia, e un “chiaro caso di sfruttamento dell’ignoranza della gente”. Il panel di medici suggerì alle autorità di “sanzionare adeguatamente” la compagnia farmaceutica, di chiedere risarcimenti e di pretendere le scuse ufficiali al governo e alla popolazione nigeriana, ma anche di prendere misure affinché simili episodi non si ripetessero. Nulla di ciò venne fatto e il rapporto non è stato mai reso pubblico, prima dell’inchiesta giornalistica. A novembre - ricorda il Washigthon Post - una corte federale statunitense aveva respinto l’incriminazione nei confronti della Pfitzer, azienda con quartier generale a New York, per non aver informato le famiglie nigeriane del rischi del Trovan mentre era ancora in attesa dell’approvazione della ‘U.S. Food and Drug Administration’; nella sentenza si afferma che le autorità competenti sul caso sono quelle nigeriane. In un comunicato della società farmaceutica, citato dal ‘Daily Champion’, la compagnia continua a sostenere che le autorità nigeriane erano al corrente dei fatti e respinge le accuse di comportamento non etico.
ANGOLA 10/5/2006 21.59
COLERA: NUOVO BILANCIO DELL’OMS, OLTRE 600 CONTAGI IN 24 ORE
Oltre 600 nuovi casi di contagio e 10 vittime solo nelle ultime 24 ore: questo il dato, fornito alla MISNA dall’ufficio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) di Luanda, che mostra con chiarezza come a quasi 3 mesi dal suo inizio, l’epidemia di colera che da metà febbraio colpisce l’Angola non accenni a diminuire. Secondo l’ultimo bollettino inviato in serata dall’ufficio dell’Oms, in Angola dall’inizio dell’epidemia a oggi sono stati registrati 31.269 casi e 1.168 morti. La diffusione del vibrione interessa 10 delle 18 province del paese, con un tasso di mortalità del 4%ormai costante da mesi. Secondo gli ultimi rapporti dell’Oms, le zone maggiormente colpite risultano la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 15.488 contagi e 219 morti e quella di Benguela che con 6881 casi riscontrati e 486 vittime risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese.
ANGOLA 12/5/2006 18.34
COLERA: BILANCIO OMS, 1200 LE VITTIME DELL’EPIDEMIA
Non accenna a diminuire l’epidemia di colera che dallo scorso febbraio è in corso in Angola e che, secondo l’ultimo bollettino che l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha inviato nel pomeriggio alla MISNA, ha fatto finora 1200 morti e 32.634 contagi. La diffusione del vibrione in Angola continua a diffondersi con una media quotidiana, costante ormai da settimane, di 600 nuovi contagi e 10 vittime. L’epidemia interessa 10 delle 18 province del paese, con un tasso di mortalità del 4%, anche se nelle ultime 24 ore da almeno due province (Bié e Huambo) non sono stati comunicati né casi di nuovi contagi né di nuove vittime. Secondo gli ultimi rapporti dell’Oms, le zone maggiormente colpite risultano la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 16238 contagi e 231 morti e quella di Benguela che con 7007 casi riscontrati e 491 vittime risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese.
KENYA – È di almeno 13 bambini morti il bilancio di un’epidemia di dissenteria nelle regioni colpite dalla siccità nel nord-est del Paese: lo ha reso noto la Croce rossa keniana, aggiungendo che carcasse di animali morti nei mesi scorsi avrebbero provocato la contaminazione dell’acqua.
ANGOLA 17/5/2006 10.13
COLERA: OLTRE 35.000 CONTAGIATI DALL’EPIDEMIA
Avanza senza sosta l’epidemia di colera che dallo scorso febbraio è in corso in Angola dove, secondo l’ultimo bilancio giunto alla MISNA dall’ufficio angolano dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), i contagi hanno ormai superato quota 35.000 (per la precisione sono 35.033) e il numero di persone morte è salito a 1246. Ormai da settimane, la diffusione del vibrione in Angola continua a mantenere una media quotidiana costante di circa 600 nuovi contagi e almeno 10 vittime al giorno. L’epidemia interessa 10 delle 18 province del paese, con un tasso di mortalità del 4%, anche se negli ultimi giorni da almeno due province (Bié e Huambo) non sono giunte notizie di nuovi casi di contagio né di nuove vittime. Secondo gli ultimi rapporti dell’Oms, le zone maggiormente colpite restano la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 17579 contagi e 244 morti e quella di Benguela che con 7267 casi riscontrati e 496 vittime risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese.
GHANA 17/5/2006 2.13
SIDA/AIDS/HIV: DIMINUITE LE PERCENTUALI DI CONTAGIO
La percentuale di cittadini affetti dal virus dell’immunodeficienza umana (hiv) e dalla sindrome dell’immunodeficienza acquisita (sida/aids) è scesa dal 3,6% del 2003 al 2,7% del 2005: lo conferma uno studio del locale servizio sanitario, già anticipato una decina di giorni fa e di cui sono ora disponibili i dati. Secondo i responsabili del progetto, il declino del tasso di contagio può rappresentare l’inizio di una stabilizzazione dell’epidemia in Ghana, dopo che solo tre anni fa era stato raggiunto il picco massimo. “Si è aperta una finestra di possibilità ed è arrivato il momento di usare nel migliore dei modi gli strumenti e le pratiche a nostra disposizione” ha detto Nii Akwei Addo, uno dei ricercatori del Napc. Sarà perciò necessario mettere a punto nuove strategie e metodi di comunicazione per non abbassare la guardia in nessun settore sociale, in modo che la stabilizzazione delle infezioni non induca ad abbandonare i necessari accorgimenti. I dati a disposizione del Nacp dimostrano che la riduzione maggiore di persone affette da hiv e sida/aids si è registrata nella fascia d’età compresa tra 15 e 24 anni (dal 3,5% del 2002 all’attuale 1,9%), mentre il maggior tasso di contagio (5%) si è avuto tra i quarantenni. Il virus hiv può restare in incubazione per anni e non dare mai adito a quella sindrome conclamata che può uccidere progressivamente le cellule del sistema immunitario e minare le capacità dell’organismo di difendersi da varie patologie definite, nel caso specifico, ‘infezioni opportunistiche’.
UGANDA 25/5/2006 11.01
NORD: MISSIONARIO, “IN ATTESA DELLA PACE, QUI SI MUORE ANCHE DI MALARIA”
Mentre le agenzie internazionali rilanciano in queste ore la “richiesta di pace” del comandante dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) Joseph Kony, di cui in realtà si era già appreso due giorni fa dalla stampa locale, nel nord Uganda - dove i suoi ribelli sono attivi da 20 anni - “la gente continua ad avere paura della guerra e la mortalità infantile resta elevatissima: qui la malaria fa ancora molte vittime soprattutto tra i bambini” dice alla MISNA padre Tarcisio Pazzaglia, un comboniano che da quasi 40 anni è impegnato in quelle zone. “È vero che sono diminuiti gli attacchi e gli omicidi da parte dei ribelli, ma questo non significa che ci sia sicurezza. Anche oggi, come ogni mattina davanti alla nostra abitazione c’è una fila di persone che chiede contributi per pagare spese sanitarie o l’iscrizione a scuola: non hanno soldi perché non lavorano e vivono nei campi rifugiati a causa della guerra” spiega il missionario da Kitgum, 500 chilometri a nord della capitale Kampala. Eppure in questi giorni in Uganda sembrerebbe riaccendersi qualche speranza di pace: stamani il quotidiano ‘Monitor pubblica con grande evidenza i dettagli dell’incontro tra il capo ribelle Kony e il vicepresidente del Sudan, Riek Machar: nella trascrizione della videoregistrazione del loro colloquio – avvenuto vicino al confine con l’ex-Zaire all’inizio di maggio – Kony afferma tra l’altro: “È davvero possibile finire questa guerra: non sono un terrorista, sono un essere umano e anch’io voglio la pace”. Sul terreno, però, i problemi sono altri, dopo vent’anni di attacchi da parte dei ribelli. “Nei giorni scorsi – racconta ancora padre Pazzaglia - è scoppiata un’epidemia di colera nei campi profughi” dove vivono oltre 1,5 milioni di persone a causa della persistente insicurezza nei distretti del nord Uganda dove sono attivi i miliziani di Kony. “Confermo che la sicurezza è un po’ migliorata, ma i civili continuano a vivere nella psicosi degli attacchi dei ribelli: nessuno vuole tornare nei propri villaggi, anche perché dopo molti anni non ha una capanna né un terreno da coltivare” aggiunge il comboniano, spiegando che questa situazione è “un circolo vizioso che richiederà tempo prima di essere spezzato”. Nelle scorse settimane l’esercito aveva annunciato l’intenzione di iniziare a smobilitare i giganteschi accampamenti dove gli sfollati hanno vissuto a lungo in pessime condizioni umanitarie: “Non bastano gli annunci: la gente non vede cambiamenti concreti. Io stesso devo recarmi nella città di Gulu in queste ore, ma a metà pomeriggio la strada viene chiusa per problemi di sicurezza e timore di imboscate” dice ancora alla MISNA il missionario. “Nella nostra missione c’è anche un ospedale: basta entrare nel reparto pediatrico per rendersi conto che malgrado gli annunci qui purtroppo non è cambiato nulla e oltre alla malaria anche l’Aids/Sida continua a mietere vittime”.
ANGOLA 25/5/2006 19.34
COLERA: NUOVI DATI OMS, QUASI 40.000 CONTAGI E OLTRE 1450 MORTI
Sono quasi 40.000 i contagi (39.267 per la precisione) e 1451 i decessi causati dall’epidemia di colera in corso da febbraio in Angola. I dati sono contenuti nell’ultimo bollettino inviato alla MISNA dall’ufficio angolano dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), in cui si precisa che le cifre sono state raccolte in 13 delle 18 province del paese. Secondo la nota dell’Oms, nelle ultime 24 ore sono stati registrati 310 nuovi casi e 7 decessi con un tasso di mortalità pari al 2,2%. L’ultimo bilancio sembra confermare la tendenza emersa già nei bollettini dell’ultima settimana e che mostra un leggero calo dei contagi e dei decessi, ma soprattutto un tasso di mortalità dimezzato rispetto a quello delle scorsa settimane attestato oltre il 4%. Le zone maggiormente colpite continuano ad essere la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 20.120 contagi (il 51% del totale) e 268 morti e quella di Benguela che con 7597 casi riscontrati e 491 vittime risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese.
ANGOLA 27/5/2006 1.24
PRESIDENTE ORDINA MISURE STRUTTURALI CONTRO EPIDEMIA
La messa a punto di un ‘piano strutturale’ per combattere l’epidemia di colera è stato ordinato dal presidente angolano Josè Edoardo dos Santos, che si è detto “preoccupato” per il contagio che dallo scorso febbraio ha ucciso 1451 persone e infettate 40.000. Secondo una nota dell’ufficio della presidenza diffusa dall’agenzia stampa angolana il programma, che si aggiungerà alle attività sanitarie già esistenti, avrà la durata di 6-12 mesi e dovrà includere misure come il trasferimento di abitanti dalla regioni a rischio, il miglioramento dei rifornimenti di acqua potabile, l’acquisto di autobotti per potare acqua nelle zone non servite dalla rete idrica, la realizzazione di impianti per il trattamento dei liquami nelle zone residenziali. Il piano, si precisa nel comunicato, prevede per la sua realizzazione il coordinamento da parte delle forze armate angolane. Uscita nel 2002 da una guerra civile durata 27 anni, l’Angola è una nazione in netta ripresa economica, grazie alle risorse petrolifere, seconde in Africa solo a quelle della Nigeria, e in piena ricostruzione. Malgrado l’emergenza sanitaria, Luanda non ha fino ad oggi chiesto aiuto alla comunità internazionale per affrontare l’epidemia diffusasi in 13 delle 18 province del paese.
KENYA – È stata arrestata e incriminata per frode e circonvenzione d’incapace la cosiddetta ‘profetessa’ dell’Aids, Lucy Nduta, la donna che ha promesso di guarire centinaia di malati da Sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids) con le sue preghiere. La donna si è dichiarata “non colpevole” ma, secondo la legge keniana, rischia tre anni di carcere e una multa di quasi 3000 dollari. La truffa della Santona, che chiedeva tra i 2000 e i 4000 dollari a persona, è stata svelata alcune settimane fa da uno dei principali giornali keniani, ‘The Nation’.
ZIMBABWE – È salito a 42 il numero delle persone morte nel nord del paese dove da almeno cinque mesi è in corso un’epidemia di colera. Lo riferisce la stampa locale, precisando che la zona maggiormente colpita al momento sembra quella di Guruve, dove, dall’inizio del mese, sono state registrate 12 morti e 26 contagi.
ANGOLA 1/6/2006 10.43
COLERA: SEGNALI DI STABILIZZAZIONE DEL CONTAGIO
Sembra rallentare l’epidemia di colera in Angola, una delle più gravi degli ultimi anni nel continente: i nuovi casi e i decessi negli ultimi giorni si sono leggermente ridotti, sebbene siano ormai 1564 le persone che hanno perso la vita e 41.227 i contagiati in 13 delle 18 province del paese. La capitale Luanda, dove il 13 febbraio scorso si registrarono i primi casi, resta la città più colpita, con circa la metà dei malati e 276 morti, ma è Benguela quella con il maggior numero di vittime (496). Le pessime condizioni igieniche dei mercati e delle ‘favelas’ sono indicate come la prima causa dell’epidemia, insieme alla mancanza di acqua potabile. Le stesse condizioni hanno provocato la stessa emergenza in altri paesi ma con bilanci meno severi: nel 2004 Mozambico e Zambia registrano rispettivamente 110 e 373 morti, mentre lo scorso anno il colera ha ucciso poco più di 400 persone a Bissau, capitale della Guinea.
SUDAN – Almeno 424 persone sono morte da gennaio a causa di un’epidemia di colera in sette stati del Sud Sudan, dove sono stati registrati oltre 14.000 casi dall’Organizzazione mondiale della sanità; malgrado la fine della guerra che in 21 ha devastato gran parte delle infrastrutture, ben pochi abitanti della regione hanno accesso ad acqua potabile.
KENIA 3/6/2006 11.27
ANNUNCIATE CURE GRATUITE CONTRO SIDA/AIDS
Le medicine antiretrovirali saranno fornite gratuitamente da tutti gli ospedali del servizio sanitario nazionale keniano, abolendo “con effetto immediato” la tassa mensile di 100 scellini (poco più di 1 euro); l’annuncio è stato dato dal presidente Mwai Kibaki in occasione della giornata nazionale dell’indipendenza. Negli ultimi anni il governo di Nairobi ha progressivamente esteso la distribuzione di farmaci e abbassato i costi, passando così da 3000 sieropositivi curati nel 2002 agli attuali 54.000, secondo i dati del Consiglio nazionale per il controllo del Sida/Aids (sindrome da immunodeficienza acquisita). Ma la tassa, per quanto bassa, avrebbe finora contribuito a limitare l’accesso alle strutture sanitarie a gran parte degli altri 150.000 sieropositivi kenyani. Plaudendo all’iniziativa del presidente, le organizzazioni non governative locali e internazionali attive nel settore sperano si tratti di un primo passo verso un più ampio contenimento dei costi a carico dei malati. Oltre al prezzo degli antiretrovirali, infatti, sulla terapia pesano i costi per analisi cliniche e farmaci per le infezioni batteriche cui sono sistematicamente soggetti i sieropositivi. Responsabili sanitari dell’organizzazione africana ‘Amref’ sottolineano inoltre l’importanza di inserire la distribuzione di cibo nelle strategie contro l’Aids, essendo la malnutrizione un elemento importante dell’indebolimento del sistema immunitario; per questo motivo affermano di guardare con preoccupazione alla recente crisi alimentare nelle regioni settentrionali e centrali del Kenya colpite dalla carestia. Secondo dati recentemente diffusi dall’Onu, il Kenya è uno dei paesi al mondo dove l’incidenza dell’Aids si è drasticamente ridotta, passando dal 14% nel 1997 al 4% odierno.
ANGOLA 5/6/2006 13.47
COLERA: EPIDEMIA NON SI ARRESTA, DATI STABILI
Con un bilancio di 1.625 vittime e 42.562 casi non si arresta l’epidemia di colera esplosa a febbraio in Angola, dove si registrano contagi in 14 delle 18 province: la MISNA lo ha appreso oggi dall’Ufficio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nella capitale Luanda. Nelle ultime 24 ore, si sono registrati 218 casi e 5 decessi, con indice di mortalità del 2,2%. I tassi più elevati si registrano nella provincia di Lunda Norte, dove in questi mesi sono morte 84 persone su un totale di 274 casi (pari a un’incidenza del 31%). L’epicentro dell’epidemia resta la capitale Luanda, a causa soprattutto delle scarse condizioni igieniche e dalla pressoché totale mancanza di acqua corrente nei quartieri poveri e nelle baraccopoli sorte in periferia con l’arrivo degli sfollati della lunga guerra civile (1975-2002). L’agenzia di stampa angola ‘Angop’, cita il responsabile locale del programma di vigilanza epidemiologica José Geremias, secondo cui nella provincia settentrionale di Bengo i casi sono diminuiti grazie a misure di “mobilitazione sociale” compresa la distribuzione di acqua potabile.
NAMIBIA – Un’epidemia di poliomielite – assente da oltre dieci anni dal paese – ha provocato finora 7 vittime: lo affermano le autorità sanitarie di Windhoek, che nell’ultimo mese hanno individuato 34 casi; una massiccia campagna di sensibilizzazione è stata già annunciata dal ministero della salute.
UGANDA 6/6/2006 9.27
NORD: SOSPESA DISTRIBUZIONE CIBO IN SCUOLE CAUSA EPIDEMIA COLERA
La distribuzione di cibo a circa 90.000 studenti delle scuole del distretto settentrionale di Kitgum è stata sospesa a tempo indeterminato a causa di un’epidemia di colera su decisione del Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp). Il responsabile dei servizi sanitari distrettuali, Vincent Oringa – citato dalla stampa locale – ha detto che negli ultimi due mesi si sono registrati 594 casi e 8 decessi: l’epidemia ha colpito 13 campi per sfollati nella regione, dove a causa degli attacchi dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistance army, Lra) - attivi da 20 anni nella zona - il 90% della popolazione è costretta a vivere in questi grandi accampamenti privi di norme igieniche e in pessime condizioni umanitarie. Per alcuni giorni sono state anche sospese le lezioni per permettere “una verifica sul livello di igiene della scuole” ha spiegato Oringa, aggiungendo che le autorità locali hanno sospeso anche ogni attività sociale pubblica. Malgrado una diminuzione delle aggressioni da parte dei ribelli, gran parte degli abitanti di queste zona non è ancora tornata nei propri villaggi. Si calcola che nei principali distretti del nord – oltre a Kitgum, anche Gulu, Lira, Pader e Apac – oltre 1,5 milioni di persone siano costrette a vivere in circa 200 campi per sfollati, in alcuni dei quali sono ammassate decine di migliaia di civili. Stamani i quotidiani di Kampala riferiscono di un rapporto dell’Unicef – l’agenzia dell’Onu per l’infanzia – secondo il quale la maggioranza dei bambini nel nord del Paese restano “privi dei loro diritti di base, come assistenza medica, acqua potabile, istruzione e un alloggio”.
ANGOLA 9/6/2006 12.56
COLERA: NUOVO BILANCIO, EPIDEMIA IN PROGRESSIVA DIMINUZIONE
Anche se continua a salire il numero dei casi di contagio e dei decessi legati all’epidemia di colera che dallo scorso febbraio è in corso in Angola, l’ultimo bilancio diffuso dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) conferma il progressivo ridimensionamento dell’emergenza sanitaria in corso dall’inizio di giurno. Nell’ultimo bollettino dell’Oms, che la MISNA ha ricevuto stamani, si parla di 43.316 casi di contagio e 1646 morti in 14 delle 18 province del paese, con, solo nelle ultime 24 ore, 238 nuovi contagi e 3 decessi. Il tasso di mortalità dell’epidemia, per settimane fisso intorno al 4%, ormai è sceso all’1,2%; ma il progressivo miglioramento dell’epidemia emerge chiaramente anche dal numero medio giornaliero di contagi e decessi dell’epidemia che ancora a fine maggio si aggirava intorno ai 600 casi e 10 morti e che ormai si è ridotto a un terzo. Le zone maggiormente colpite continuano ad essere la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 22146 contagi (il 51% del totale) e 287 morti, e quella di Benguela, che, con 7850 casi riscontrati e 500 vittime, risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese.
ANGOLA 13/6/2006 21.39
COLERA: NUOVO BILANCIO, 45.000 CONTAGI IN TUTTO IL PAESE
L’epidemia di colera che dal febbraio scorso colpisce l’Angola ha registrato nelle ultime 24 ore altri 173 nuovi casi che portano il bilancio ufficiale dei contagi a circa 45.000 in tutto il paese: la MISNA lo ha appreso dall’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), che in una nota precisa le province in cui sono stati segnalati nuovi casi, inclusi due decessi: Luanda, Namibe, Benguela e Bengo. Si conferma tuttavia la diminuzione del tasso di mortalità già emerso dall’inizio del mese che, rimasto per settimane fisso al 4%, è sceso progressivamente fino all’1,1%; in totale le vittime secondo l’Oms sono state finora 1.715, 500 delle quali nella zona di Benguela e 29 a Luanda. Per quanto riguarda la capitale, esperti sanitari e non, concordano sul fatto che senza radicali opere di bonifica e la costruzione di una rete fognaria e idrica nelle ‘favelas’ - dove vive il 60% della popolazione - le epidemie di colera sono destinate a ripetersi.
NAMIBIA 14/6/2006 12.46
PREOCCUPAZIONE PER NUOVI CASI DI POLIO
È salito ulteriormente il bilancio di vittime e contagi della prima epidemia di poliomielite che è tornata a colpire la Namibia dopo dieci anni d’assenza. Nell’ultimo bollettino diffuso ieri, il ministero della Sanità ha fatto sapere che sono ormai 10 le persone morte e 53 i casi registrati nel paese. L’ultimo bilancio, diffuso solo la scorsa settimana, era fermo a 7 morti e una trentina di contagi. Anche se finora la maggior parte dei casi è stata registrata nei pressi della capitale Windhoek, recenti segnalazioni, fa sapere sempre il ministero, fanno temere che l’epidemia abbia già raggiunto alcuni regioni centrali e settentrionali del paese. Una squadra d’esperti dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sta per arrivare nel paese, dove la prossima settimana inzierà una massiccia campagna di vaccinazione su tutto il territorio nazionale. Il virus della poliomielite, che sembrava quasi debellato dal pianeta, negli ultimi anni è tornato a fare la propria comparsa in molti paesi del sud del Mondo. Lo scorso novembre, una massiccia campagna di vaccinazione in una decina di paesi dell’Africa occidentale e centrale, inclusi Benin, Burkina Faso, Ghana e Togo, era riuscita a bloccare l’epidemia di poliomielite che negli ultimi due anni era tornata in Africa partendo dalla Nigeria. Secondo i dati dell’Oms, nel 2005 i bambini colpiti dalla polio nel mondo sono stati 1492, rispetto ai 1255 del 2004; all’epoca del primo lancio della campagna globale di vaccinazione nel 1988 i piccoli malati erano 350.000.
ANGOLA 14/6/2006 19.53
EPIDEMIA COLERA: NUOVO BILANCIO, PIÙ DI 1700 VITTIME
Con 209 nuovi casi e 10 decessi nelle ultime 24 ore, la grave epidemia di colera in corso da febbraio ha superato le 1700 vittime: per la precisione, i morti sono 1727 su un totale di 45.133 casi di contagio in 14 delle 18 province dell’Angola: la MISNA lo ha appreso oggi dall’ufficio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms/Who) nella capitale Luanda. La maggior parte dei nuovi casi sono stati rilevati nelle province di Lunda-Norte (77, nel nord dell’Angola), Namibe (48), Benguela (17) e una cinquantina nella capitale, che resta l’epicentro dell’epidemia, con oltre 22.500 persone contagiate, quasi la metà degli angolani che finora hanno contratto il colera. Le peggiori condizioni igienico-sanitarie – nelle quali prolifera il batterio ‘vibrione’ che provoca la diffusione di questa infezione – si registrano soprattutto nelle periferie di Luanda, dove milioni di sfollati si sono ammassate durante gli anni della guerra civile (1975-2002) in baraccopoli prive in gran parte di acqua corrente.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO 15/6/2006 6.43
ITURI: 100 DECESSI PER SOSPETTA PESTE POLMONARE
Cento decessi per sospetta peste polmonare si sono verificati nell’est della Repubblica democratica del Congo, tra cui 19 vittime nella regione dell’Ituri, considerata il vivaio più attivo del mondo, con una media di un migliaio di casi all’anno: lo si apprende dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms/Who), secondo cui sono stati anche segnalati alcuni casi sospetti di peste bubbonica, ma non vi sono ancora bilanci. I risultati di rapidi test diagnostici confermerebbero l’ipotesi della peste polmonare – una malattia infettiva endemica in molti paesi di Africa – mentre sono in corso ulteriori indagini di laboratorio su altri 18 casi. Secondo l’Oms il primo caso si sarebbe registrato alla metà di maggio nella zona di Linga, nel nord dell’Ituri. Un gruppo di esperti del ministero della sanità, dell’Oms e dell’organizzazione ‘Medici senza frontiere’ si è già recato nell’area per verificare la situazione e fornire collaborazione alle locali strutture sanitarie, di fatto quasi inesistenti a causa del conflitto del 1998-2003, che in questa regione è stato particolarmente violento e ha causato oltre mezzo milione di sfollati. Sono già stati predisposti padiglioni di isolamento per trattare i pazienti infetti; la peste polmonare – provocata dal batterio Yersinia pestis, che è stato isolato da roditori e dalle loro pulci in varie parti del mondo – si trasmette da uomo a uomo per via aerea (gocce di saliva) e se la polmonite progredisce può provocare la morte. Gli sforzi per attivare procedure di controllo sono ostacolati dalla permanente insicurezza dell’Ituri, dove sono ancora presenti alcuni gruppi armati malgrado la missione di pace dell’Onu in congo (Monuc) abbia smobilitato circa 15.000 combattenti dal 2005.
SUD DEL MONDO 16/6/2006 10.01
MALARIA, LA MINACCIA DEI FARMACI CONTRAFFATTI
Come ogni prodotto di successo anche i farmaci antimalarici a base di artemisina (artenusate) hanno attratto l’interesse dei falsari, con il pericolo, però, di mettere in pericolo la vita dei pazienti e la salute pubblica. Uno studio pubblicato sulla rivista ‘Medicine’ da un gruppo di 21 ricercatori africani, asiatici ed europei segnala che tra il 38 e il 52% delle pasticche del campione da essi esaminato conteneva amido, gesso e una varietà di principi attivi inadeguati invece della necessaria dose di artenusate. In un'altra ricerca, i cui risultati sono stati anticipati dal sito SciDev.net, testata on line specializzata in ricerca scientifica nei e per i paesi in via di sviluppo, gli scienziati del Georgia Institute of Tecnology (Usa) hanno riscontrato nelle pasticche antimalariche sul mercato in Laos, Myanmar e Thailandia forti dosi di polveri, analgesici sospettati di causare danni alle ossa e tipi di antimalarici inefficaci per le caratteristiche della malattia in Asia; in alcuni casi sono stati misurati 10 milligrammi di principio attivo invece dei 50 minimi necessari. Due anni fa 34 nazioni africane hanno adottato la nuova tipologia di antimalarici e questo fa temere che, dopo l’Asia, la frode possa trovare nuovi mercati anche in Africa. Al problema ha dedicato molta attenzione la rivista ‘Nature’, che vede negli alti costi del prodotto a base di artemisina una delle ragioni del successo delle medicine false vendute con marchi simili ma a prezzo molto inferiore. Tra gli altri aspetti, a favorire il mercato dei farmaci contraffatti ci sarebbero anche gli alti costi degli esami scientifici necessari per verificare i contenuti degli stock, la mancanza di personale qualificato in grado di individuare le frodi, l’esistenza di magazzini non autorizzati e la corruzione. Si ritiene che la maggior parte degli antimalarici falsi siano prodotti nella Repubblica popolare cinese e in India. Gli scienziati del Georgia Institute of Tecnology affermano di aver messo intanto a punto un metodo di analisi più facile e veloce che permette di scoprire medicine false in pochi secondi, invece della procedura di laboratorio di due ore finora necessaria; non sono chiari però i costi di questo nuovo metodo.
ZIMBABWE - Una campagna nazionale di ‘doppia protezione’ è stata avviata in questi giorni con l’obiettivo di raggiungere 2 milioni di bambini per vaccinarli dal morbillo e nel contempo sottoporli ad una cura di vitamina ‘A’. L’iniziativa fa parte del programma ‘Measles Parterneship’ sostenuta da Croce Rossa, Onu e finanziatori privati per ridurre del 90% l’incidenza del morbillo in Africa entro il 2010. Il morbillo è una delle malattie esantematiche più pericolose per l’infanzia africana, mentre l’insufficienza di vitamina ‘A’ indebolisce il sistema immunitario e può causare cecità.
ANGOLA 20/6/2006 18.09
COLERA: EPIDEMIA, QUASI 1900 LE VITTIME
L’epidemia di colera che dallo scorso febbraio colpisce l’Angola continua, nonostante alcuni timidi segnali di miglioramento, a far registrare nuovi casi e nuove vittime. Secondo l’ultimo bilancio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), pervenuto alla MISNA in mattinata, nelle ultime 24 ore si sono registrati 124 nuovi casi e 4 decessi in 14 delle 18 province nazionali, portando così il numero totale delle vittime dell’epidemia a 46758 contagi e 1893 morti. Il tasso di mortalità dell’epidemia, per settimane fisso intorno al 4%, si aggira adesso intorno al 3% dopo avere toccato, ai primi di giugno, punte minime inferiori al 2%. Ma il progressivo contenimento dell’epidemia emerge soprattutto dal numero medio giornaliero di contagi e decessi, che ancora a fine maggio si aggirava intorno ai 600 casi e 10 morti quotidiani. Le zone maggiormente colpite continuano ad essere la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 22911 contagi (il 51% del totale) e 291 morti, e quella di Benguela, che, con 8055 casi riscontrati e 504 vittime, risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese. Dal 14 giugno scorso, Luanda (nelle sue improvvisate periferie vi sono le condizioni igienico-sanitarie ‘ideali’ per la proliferazione del ‘vibrione’ che provoca la diffusione del colera) non ha più registrato vittime per colera.
NAMIBIA 21/6/2006 15.26
EPIDEMIA DI POLIO: QUASI 100 CONTAGI, PARTITA MASSICCIA CAMPAGNA VACCINAZIONE
In concomitanza con l’inizio della vaccinazione di massa avviata oggi in Namibia per contrastare la prima epidemia di poliomielite comparsa nel paese da dieci anni a questa parte, il ministero della Sanità di Windhoeck ha diffuso un nuovo bilancio che fissa a 15 le vittime dell’epidemia e a 96 il numero di casi conclamati. Parlando ieri sera di fronte al parlamento, Richard Kamwi, titolare del dicastero della Salute pubblica, ha sottolineato che gli ultimi dati dimostrano l’estrema virulenza di questa epidemia. Il precedente bilancio, diffuso la scorsa settimana, riportava 53 casi e 10 vittime. Intanto oggi è iniziata la massiccia campagna di vaccinazione messa a punto dal governo namibiano in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e l’Unicef (il fondo Onu per l’Infanzia) e che nei prossimi tre giorni dovrebbe raggiungere oltre 2 milioni di bambini sparsi su tutto il territorio nazionale. La nuova epidemia di poliomielite che è tornata a colpire la Namibia dopo dieci anni d’assenza è iniziata il 10 maggio scorso nella cittadina di Aranos, nella Namibia sud-orientale, per poi estendersi rapidamente soprattutto nei pressi della capitale Windhoek. Ormai però ben 11 delle 13 province del paese hanno segnalato nuovi casi di polio. Il virus della poliomielite, che sembrava quasi debellato dal pianeta, negli ultimi anni è tornato a fare la propria comparsa in molti paesi del sud del Mondo. Lo scorso novembre, una massiccia campagna di vaccinazione in una decina di paesi dell’Africa occidentale e centrale, inclusi Benin, Burkina Faso, Ghana e Togo, era riuscita a bloccare un’epidemia di poliomielite che negli ultimi due anni era tornata a diffondersi in Africa partendo dalla Nigeria. Secondo i dati dell’Oms, nel 2005 i bambini colpiti dalla polio nel mondo sono stati 1492, rispetto ai 1255 del 2004; all’epoca del primo lancio della campagna globale di vaccinazione nel 1988 i piccoli malati erano 350.000.
REP. DEM. CONGO – Quattordici casi di colera si sono verificati tra le forze governative di stanza a Goma, capitale della provincia orientale del Nord Kivu: lo si apprende dalla missione Onu nel paese (Monuc), secondo cui i soldati contagiati e le loro famiglie vivono in condizioni sanitarie raccapriccianti e privi di acqua potabile o medicine. A nord della città, nella regione di Rutshuru, sette soldati sono morti per il colera in passato, mentre ad agosto dell’anno scorso si verificarono 800 casi tra le forze governative di Goma, di cui 30 mortali.
KENYA - Il vice-ministro della salute Enock Kibunguchy ha chiesto alle compagnie farmaceutiche multinazionali di ridurre il prezzo del vaccino contro la meningite e la polmonite, introdotto nel 2001, il cui costo è divenuto insostenibile per il sistema sanitario nazionale. Kibunguchy ha spiegato che il costo annuale del solo componente conosciuto con la sigla di Hib nel vaccino pentavalente, cui sono sottoposti i bambini kenyani sotto i 5 anni, ammonta a 1,2 miliardi di scellini (12 milioni di euro) mentre il rifornimento di tutti gli altri vaccini costa 500 milioni di scellini (500mila euro).
MAURITANIA - Il Fondo monetario internazionale ha approvato la cancellazione del 100% del debito della Mauritania, pari a 49 milioni di dollari, avendo il paese soddisfatto, dallo scorso autunno, tutti i requisiti necessari. La procedura per cancellazione del debito, avviata dopo lunghe trattative, era in stallo da anni per irregolarità di budget che l’attuale governo attribuisce all’ex presidente Maaouiya Sid ‘Ahmed Taya, deposto nel 2005 con un colpo di stato incruento.
proprio vero, nessuno che abita in europa può dirsi ..."povero".
di meningite poteva morire mio fratello.di polmonite conosco persone che l'hanno avuta...
di polio si, conosco bene una persona che l'ha avuta: una cinquantina d'anni e una gamba in meno (ma è molto più in gamba di me).
Ma colera????
Ho pensato al colera in un momento poco sobrio in cui pensavo di sconfiggere il caldo facendo il bagno nel po: è ridicolo per l'umanità, non è possibile che possa esistere OGGI il colera.
se vi dovesse capitare di camminare per una qualsiasi strada europea nelle condizioni più disperate possiate immaginare, ricordatevi che nessuno in europa può dirsi ..."povero".
NAMIBIA 24/6/2006 12.04
CAMPAGNA ANTI-POLIO, “UN SUCCESSO”
“Siamo riusciti a vaccinare quasi il 90% della popolazione, solo nei primi due giorni. Siamo molto soddisfatti della grande partecipazione popolare”. Non nasconde la sua soddisfazione il segretario permanente del ministero della Sanità di Windhoeck, che ieri ha incontrato la stampa poche ore prima che si concludesse la massiccia campagna di vaccinazione anti-polio iniziata mercoledì. Una campagna con cui le autorità nazionali e l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sperano di bloccare l’epidemia di polio in corso da maggio - la prima da 10 anni a questa parte - e che ha fatto registrare finora 14 decessi e 128 contagi, in base all’ultimo bilancio fornito. Secondo il ‘Namibian’, il più diffuso quotidiano del paese, lunghissime code davanti ai punti di somministrazione del vaccino sono state registrate nei tre giorni di campagna, cogliendo di sorpresa gli stessi organizzatori. La vaccinazione prevede dal 18 al 20 luglio una seconda fase per il richiamo. Una terza vaccinazione, invece, sarà dedicata solo ai bambini con meno di 5 anni e si svolgerà alla fine di agosto. La nuova epidemia di poliomielite che è tornata a colpire la Namibia dopo dieci anni d’assenza è iniziata il 10 maggio scorso nella cittadina di Aranos, nella Namibia sud-orientale, per poi estendersi rapidamente soprattutto nei pressi della capitale Windhoek. Ormai però ben 11 delle 13 province del paese hanno segnalato nuovi casi di polio. Il virus della poliomielite, che sembrava quasi debellato dal pianeta, negli ultimi anni è tornato a fare la propria comparsa in molti paesi del sud del Mondo.
ANGOLA – Una massiccia campagna di vaccinazione contro morbillo, poliomielite e malaria per proteggere oltre 3,5 milioni di bambini è stata annunciata dalle autorità sanitarie in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità; nel paese è in corso un’epidemia di colera che finora ha provocato quasi duemila morti da febbraio.
ANGOLA 5/7/2006 1.05
CAMPAGNA VACCINAZIONI RECORD PER SALVARE 3,5 MILIONI DI BAMBINI
Il 25% dei bambini angolani muore prima di aver raggiunto i 5 anni d’età: sulla base di questo dato impietoso, e vista la distruzione del sistema sanitario angolano provocata dal 27 anni di guerra civile, il governo di Luanda in collaborazione con la Fao e l’Unicef ha deciso di lanciare una vasta campagna di vaccinazione contro polio, malaria e morbillo, con l’obiettivo di far scendere drasticamente entro il 2008 il tasso di mortalità infantile. “Si tratta senza dubbio della più grande campagna di vaccinazioni mai realizzata in Angola” ha detto un funzionario dell’Unicef, aggiungendo che l’intervento non si limiterà alle iniezioni di rito ma prevede anche la distribuzione di almeno 800.000 zanzariere notturne, per prevenire la malaria, e una serie di interventi strutturali che serviranno a rimettere in sesto, nei limiti del possibile, il devastato sistema sanitario angolano. La decisione di vaccinare la popolazione infantile angolana giunge dopo che il governo di Luanda è stato oggetto di forti critiche per la gestione della recente epidemia di colera, che ha ucciso complessivamente quasi 2.000 persone. Le autorità sanitarie nazionali stanno inoltre cercando di affrontare, insieme all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms/Who), l’epidemia di febbre emorragica di Marburg che dall’anno scorso colpisce il nord-ovest del paese.
ANGOLA 5/7/2006 16.46
COLERA, EPIDEMIA: SUPERATE LE 2.000 VITTIME
L’epidemia di colera che dallo scorso febbraio colpisce l’Angola continua a far registrare nuovi casi di contagio e a mietere vittime. Secondo l’ultimo bilancio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), pervenuto alla MISNA poco fa, nelle ultime 24 ore si sono registrati 89 nuovi casi e 2 decessi in 14 delle 18 province nazionali, portando così il bilancio totale delle vittime 2.003. I contagi sono per ora invece 48.817. Il tasso di mortalità dell’epidemia continua ad aggirarsi intorno al 4% dell’ultimo mese dopo avere toccato, ai primi di giugno, punte minime inferiori al 2%. Rispetto all’ultimo aggiornamento del 20 giugno, in ogni caso, si nota una netta diminuzione dei contagi, passati da 124 a 89 al giorno. Le zone maggiormente colpite continuano a essere la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 23.176 contagi e 295 morti, e quella di Benguela che, con 8.255 casi riscontrati e 512 vittime, risulta avere il tasso di mortalità più elevato di tutto il paese.
NIGERIA – Si è conclusa la campagna di vaccinazione contro la poliomielite in 11 stati settentrionali della nazione, la principale riserva di poliovirus al mondo (83%), dove si concentrano il 95% dei casi della malattia segnalati in Africa. Le autorità sanitarie locali in collaborazione con l’Onu hanno lanciato la campagna ‘Immunization Plus’ per vaccinare 11 milioni di persone, con lo scopo di debellare la malattia dal paese entro il 2007
GUINEA – Un’epidemia di colera, nel sudest del paese, ha provocato nell’ultimo mese almeno 133 vittime registrando 1.376 contagi: secondo il ministero della Sanità di Conakry, almeno altre 300 persone sono ricoverate in gravi condizioni. Le zone più colpite sono quelle attorno a Kissidougou e Lola, 500 chilometri a sudest della capitale. Il focolaio dell’epidemia sarebbe stato individuato in alcuni pozzi d’acqua.
ETIOPIA 8/7/2006 16.13
GRAVI PROBLEMI ALLA VISTA PER CINQUE MILIONI DI PERSONE
Quasi un milione di etiopi ha perso la vista e altri 4 milioni sono ipovedenti a causa di malattie che avrebbero potuto o potrebbero essere curate facilmente, su una popolazione di circa 75 milioni di abitanti. Questi dati, diffusi da ‘Orbis International’, un centro oftalmologico con base a New York, fanno dell’Etiopia uno dei paesi al mondo con la più alta incidenza di malattie dell’apparato visivo. L’impossibilità si curare infezioni, la carenza di vitamina A e le cattive condizioni igienico-sanitarie sono le principali responsabili delle centinaia di migliaia di persone che ogni anno si ammalano di malattie oftalmologiche; spesso i nuovi malati vivono nelle zone rurali e più periferiche del paese e, oltre a non avere facilmente a disposizione un medico, sono anche privi della necessaria educazione sanitaria di base. Le principali malattie di cui soffrono gli etiopi, che poi degenerano in cecità, secondo ‘Orbis’ sono la cataratta, il glaucoma e il tracoma, oltre a una serie di altre patologie legate alla cornea. Tra le malattie che colpiscono gli occhi, il tracoma una di quelle particolarmente indotte dalla mancanza d’igiene, secondo gli esperti di ‘Orbis’, che hanno deciso di trasferire la loro esperienza di 25 anni di attività in più di 70 paesi per cercare di aiutare la popolazione a superare questa fase di grave sofferenza oculare e visiva, ormai diventata una vera emergenza sociale.
KENIA 11/7/2006 2.21
MALARIA: DISTRIBUZIONE-RECORD DI ZANZARIERE PER OLTRE 3 MILIONI DI PERSONE
È iniziata in tutto il Kenya la più grande campagna di distribuzione di zanzariere mai stata realizzata in nessun paese del mondo: agenzie statali e organizzazioni non governative – nell’ambito di un programma di prevenzione della malaria - nelle prossime settimane consegneranno alla popolazione circa 3,4 milioni di zanzariere per proteggere durante le ore notturne, considerate le più a rischio, il 60% dei bambini del paese con meno di cinque anni; solo l’anno scorso in Kenya ne sono morti di malaria circa 70.000. Questa campagna, informano le istituzioni, andrà comunque di pari passo con quelle di vaccinazione già avviate o da attivare. La distribuzione delle zanzariere nei 62 distretti del paese – prevista entro agosto - potrebbe salvare molte vite, stando almeno ai dati raccolti in altre realtà africane. In Togo, ad esempio, la diffusione di un milione di zanzariere ha permesso di coprire il 63% delle abitazioni, provocando una diminuzione di migliaia di casi. In Niger, dove sono state distribuite due milioni di zanzariere, la copertura ha raggiunto il 70% delle case. Per questa massiccia campagna, il governo keniano ha investito circa 64 milioni di euro, sovvenzionati dal ‘Fondo mondiale per la lotta contro l’Aids/Sida, la tubercolosi e la malaria’. Il governo di Nairobi è tra l’altro uno degli esecutivi africani che nel 2000 si era impegnato a distribuire bombolette di insetticida ad almeno il 60% della popolazione entro il 2005, ma questo risultato è ancora lontano. Secondo l’organizzazione mondiale della sanità (Oms), la malaria provoca ogni anno oltre un milione di vittime, soprattutto in Africa, dove è endemica in molte aree.
G8: malattie infettive, interventi
Per combatterle in modo coordinato ed efficace
I Grandi del Mondo riuniti a S.Pietroburgo per il G8 hanno individuato 6 aree d'azione per combattere le malattie infettive,come l'Aids. Esse frenano lo sviluppo economico e impediscono il rispetto degli obiettivi di lotta alla poverta'.Nelle loro conclusioni i Grandi del Mondo riconoscono in un documento che i problemi sono acuti soprattutto in Africa e che urge 'un'azione efficace, coordinata e complessiva per combattere tutte le malattie infettive'.
ANGOLA 19/7/2006 17.05
EPIDEMIA COLERA: NUOVO BILANCIO, 2.065 VITTIME
L’epidemia di colera che dallo scorso febbraio colpisce l’Angola continua, nonostante alcuni timidi segnali di miglioramento, a far registrare nuovi casi e nuove vittime. Secondo l’ultimo bilancio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), pervenuto oggi alla MISNA, nelle ultime 24 ore si sono registrati 69 nuovi casi e 3 decessi in 14 delle 18 province nazionali, colpite dall’epidemia. Il numero totale dei contagi è di 50.315 e 2.065 le vittime. Il tasso di mortalità è del 4,1%. Le zone maggiormente colpite continuano ad essere la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia, con 23301 contagi (oltre la metà del totale) e 298 morti, e quella di Benguela, che, con 517 vittime su 8387 risulta avere il tasso di mortalità più alto del paese. Le altre province più colpite sono Malanje, Luanda Norte, Kwanza Sul e Kwanza Norte.
REPUBBLICA CENTRAFRICANA 20/7/2006 2.09
AIDS/SIDA È ANCORA PRIMA CAUSA DI MORTE
Con un tasso di diffusione del 15%, la sindrome da immunodeficienza acquisita (sida/aids) resta la prima causa di morte nel paese, secondo il presidente François Bozizé. “È un compito decisivo per il governo fare in modo che a questa lotta partecipino tutti" attraverso un piano di intervento anche per i villaggi più sperduti, ha detto. In questi giorni si è aperta una sessione dell’Assemblea nazionale (parlamento) chiamata a elaborare un nuovo quadro strategico di lotta alla sindrome per il periodo 2006-2010. Secondo l’apposito comitato nazionale, l’attuale tasso di diffusione non supera il 15% dei circa 3 milioni di centrafricani, ma Toby Panzer, rappresentante locale dell’Unaids (ente Onu per la lotta alla pandemia) sostiene che nelle zone rurali arrivi fino al 25%. Secondo uno studio dello stesso organismo, circa il 95% dei posti-letto dei centri sanitari centrafricani sarebbe occupato da persone che hanno contratto l’infezione da Hiv; si stima che 140.000 bambini centrafricani siano orfani a causa dell’Aids/Sida e che solo il 3% degli ammalati benefici di un’adeguata terapia.
NAMIBIA 21/7/2006 18.36
CONCLUSA SECONDA FASE CAMPAGNA ANTI-POLIO
Le autorità sanitarie namibiane hanno espresso grande soddisfazione per lo svolgimento della seconda fase della vaccinazione anti-polio, organizzata col sostegno dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). “Siamo sicuri di aver raggiunto gli obiettivi fissati dall’Oms” ha detto il segretario permanente del ministero della Sanità di Windhoeck, riferendosi al 80% della popolazione indicato dall’organizzazione sanitaria internazionale come soglia minima per dichiarare ‘riuscita’ la campagna di vaccinazione. Il governo namibiano si era invece prefissato come obiettivo la vaccinazione del 95% della propria popolazione. Nella prima fase della vaccinazione, tenutasi a fine giugno, le squadre del ministero della Sanità e quelle dell’Oms e di altre agenzie umanitarie erano riuscite a raggiungere il 90% della popolazione. La campagna di vaccinazione eccezionale condotta negli ultimi mesi dovrebbe, almeno nelle intenzioni delle autorità namibiane e dell’Oms, bloccare l’epidemia di polio in corso da maggio - la prima da 10 anni a questa parte - e che ha fatto registrare finora 26 decessi e 225 contagi, in base all’ultimo bilancio fornito dal ministero ieri sera. Una terza fase della vaccinazione si svolgerà alla fine di agosto, ma sarà dedicata solo ai bambini con meno di 5 anni.
AFRICA 22/7/2006 4.46
PROGRESSI NELLA RICERCA CONTRO VIRUS EBOLA
Passi in avanti sono stati compiuti nella comprensione del ‘funzionamento’ del virus Ebola, sollevando le prime speranze sulla possibilità di aprire la strada a una cura in grado di fermare la devastante febbre emorragica: un team di ricercatori della ‘US drug administration’ ha infatti annunciato di aver individuato due aminoacidi, (strutture delle proteine) presenti nel ceppo ‘Zaire’ del virus, che agiscono da ‘grimaldello’ per entrare nelle cellule umane e in quelle dei primati prima di infettarle. Riscontrata per la prima volta nel 1976 lungo il fiume Ebola, nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), la malattia causa alte febbri e, in alcune occasioni, forti emorragie interne ed esterne, portando alla morte nel 50-90% dei casi anche in meno di tre giorni dalla comparsa dei sintomi. Alterando i due aminoacidi, o uno solo di loro - si spiega nello studio pubblicato su ‘Virus Research’ - Ebola non è in grado di colpire, il che fa pensare a una struttura più vulnerabile del previsto. Questa scoperta potrebbe aiutare a mettere a punto medicine in grado di fermare il progredire della malattia nel corpo umano. Tra i progressi recentemente fatti dalla ricerca scientifica su Ebola - che finora non ha cura né vaccino - va inclusa la scoperta del ruolo che giocano gli enzimi umani nell’aiutare il virus ad attaccare le cellule, mentre lo scorso anno ha dato risultati incoraggianti un vaccino sperimentale contro le febbri emorragiche creato dagli scienziati del Laboratorio nazionale di microbiologia di Winnipeg, in Canada.
SUDAFRICA 22/7/2006 8.09
AIDS/SIDA, INCORAGGIANTI GLI ULTIMI DATI UFFICIALI
Gli ultimi dati diffusi dal Dipartimento della Sanità di Johannesburg segnalano una possibile stabilizzazione del tasso d’infezione da Hiv nel paese. Da uno studio condotto nel 2005 sulle donne incinte presso i centri prenatali si è verificato che il 30,2% di esse aveva contratto il virus, rispetto al 29,5 % dell’anno precedente, con un incremento, perciò, di meno dell’1%. Si è ridotta invece, seppure in maniera minima, la diffusione del virus tra gli adolescenti, stimata al 15,9% rispetto al 16,1% del 2004. Sulla base di ciò, gli esperti sanitari ipotizzano la presenza di 5,4 milioni di persone sieropositive in Sudafrica su una popolazione di 45 milioni di abitanti. Simili proiezioni in passato hanno invece stimato fino a 6 milioni di contagiati. Ma tra gli scienziati c’è anche chi legge in modo più pessimistico i dati, sostenendo che l’abbassamento del tasso d’infezione sia una conseguenza statistica del rapporto tra nuove infezioni e il crescente numero dei decessi per Aids. Comunque sia, il minimo incremento dei contagi tra le donne incinte appare una buona notizia se si pensa che durante gli Anni ’90 l’incidenza della malattia in questa categoria era in costante e forte aumento, passando dallo 0,7% nel 1990 al 22,8% nel 1998, per poi subire un progressivo rallentamento.
UGANDA – Farmaci antiretrovirali verranno forniti gratuitamente a studenti e membri del personale infetti dal virus Hiv nell’università di Makerere. Grazie a un accordo con il ministero della Salute, verranno distribuite pastiglie di Coartem ai malati di malaria. L’università è un centro di terapia antiretrovirale ed effettua gratuitamente anche i test hiv.
GHANA – Circa 1500 abitanti nel distretto di Kwaku hanno ricevuto cure oculistiche gratuite nell’ambito di un’iniziativa annuale di collaborazione tra i presbiteri di Foot Hill, nel Sud Carolina (Usa), e di Kwaku. Sono state effettuate oltre 40 operazioni della cataratta e sono stati donati circa 1000 occhiali da vista o da lettura.
AFRICA 25/7/2006 4.39
OMS LANCIA ALLARME SU FALSI MEDICINALI ANTI-MALARIA
Un finto medicinale anti-malarico che per anni ha ucciso un alto numero di persone in Asia sta iniziando a fare la sua comparsa anche in Africa: a lanciare l’allarme è un esperto dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), Kevin Palmer, consigliere per la malaria nel sud est asiatico. In un’intervista Palmer ha spiegato che dal 2001 l’Oms ha consigliato di utilizzare medicinali a base di Artesunate, un derivato semisintetico della Artemisinina estratto da erbe cinesi, che con un trattamento di 3 – 4 giorni permette di debellare la malattia. Ma dal 2001 il mercato asiatico (Cambogia, Laos, Vietnam e Myanmar) è stato inondato anche da imitazioni dei veri medicinali prodotti dalla malavita e che si sono dimostrati letali per i pazienti. Secondo le informazioni in circolazione, il finto medicinale, così come quello vero, proviene dalla zona di Guilin, nel sud ovest della Cina. “La gente muore. Siamo pieni di rapporti che dimostrano come quando la gente prende questo finto medicinale muore. È omicidio” ha detto Palmer, sottolineando come il medicinale contraffatto sia praticamente identico all’originale. “Sta cominciando a fare la sua comparsa anche in Africa. Siamo molto preoccupati, nel continente c’è un mercato massiccio di medicinali contro la malaria e abbiamo paura di trovarci di fronte al dilagare di nuove morti causate da queste finte medicine” ha aggiunto il funzionario dell’Oms, precisando che le autorità sanitarie internazionali stanno lavorando insieme all’Interpol e alla polizia cinese per contrastare il fenomeno, ma senza aver ottenuto per ora grandi progressi. “Chiusa una fabbrica, ne apre una nuova. Stiamo parlando di un affare da milioni di dollari” ha aggiunto Palmer. Secondo le stime dell’Oms la malaria uccide ogni anno da 1 a 3 milioni di persone, e il 90% delle vittime si trova in Africa. A vantaggio della possibile diffusione del finto medicinale anti-malarico sul mercato africano contribuirebbe anche la grande differenza di prezzo: se il medicinale originale viene venduto a 2 dollari circa la confezione (contenente 8 compresse), quello finto costa solo 0,40 centesimi di dollaro.
ANGOLA 25/7/2006 10.38
EPIDEMIA COLERA SI ESTENDE A NUOVA PROVINCIA
I primi casi di colera sono stati confermati anche nella provincia meridionale di Kuando Kubango, finora risparmiata dal contagio; lo riferisce l’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel suo bollettino di aggiornamento, precisando che si tratta di 48 pazienti di cui 6 deceduti. Il bilancio complessivo dell’epidemia, una delle più gravi dell’Africa, è di 50.768 malati e 2.089 morti dal 13 febbraio scorso, quando si confermò il primo caso nel quartiere di Boa Vista a Luanda, uno dei più poveri della città. Con Kuando Kubango, sono 15 su 18 le province nazionali colpite. Il tasso di mortalità, secondo l’ultimo aggiornamento, è del 3,2% , livello a cui si è attestato da diverse settimane. Le zone maggiormente colpite continuano ad essere la provincia di Luanda, con 23.351 contagi e 302 morti; mentre il maggior numero di vittime, 517, è stato registrato nella provincia di Benguela (su 8401 contagi). Le altre zone più colpite sono Malanje, Luanda Norte, Kwanza Sul e Kwanza Norte.
AFRICA – Un invito ad abbassare i costi degli anti-retrovirali e aumentare gli sforzi per creare nuovi farmaci contro l'immunodeficienza acquisita (Sida/Aids)soprattutto per bambini è stato rivolto dal segretario generale dell’Onu Kofi Annan ai dirigenti di nove società farmaceutiche internazionali.
ZAMBIA 25/7/2006 7.29
SIDA/AIDS, PER INVIATO ONU LUSAKA È UN ESEMPIO DA SEGUIRE
Un plauso allo Zambia per avere avviato la distribuzione gratuita delle medicine antiretrovirali e l’invito ad altri paesi africani a seguire l’esempio di Lusaka , sono stati espressi dall’inviato speciale di Kofi Annan in materia di Sida/Aids, Stephen Lewis, giunto ieri nel paese. Apprezzando i grandi sforzi dello Zambia per combattere l’epidemia - riferisce le sue parole all’arrivo la testata on line africana ‘Adnnet’ - il rappresentante dell’Onu ha chiesto ai governanti di assicurarsi che le risorse risparmiate dalla cancellazione del debito estero siano effettivamente usate per programmi sociali, inclusi quelli per la lotta alla malattia. Lewis ha avuto invece parole di biasimo per la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale (Fmi) che non fanno abbastanza per aiutare l’Africa in questa battaglia. Ha infine sollecitato il Fmi ad alleggerire le condizioni di prestito, alcune delle quali troppo sfavorevoli ai paesi debitori.
AFRICA 29/7/2006 6.02
MALARIA: UN MILIONE DI MORTI L’ANNO E GRAVI RIPERCUSSIONI ECONOMICHE
“La malaria causa più danni in Africa che in qualsiasi altra regione”: lo indica un rapporto diffuso dal Forum economico mondiale (Wef), secondo cui nel 2004 oltre il 54% dei casi di malaria al mondo e circa il 90% di quelli fatali si sono verificati in Africa e ogni anno il continente subsahariano perde circa lo 0,6% del suo prodotto interno lordo a causa della malattia. In Africa si calcola che siano tra 350 e 500 milioni i casi di malaria e che ogni anno muoia per la malattia un milione di persone. Provocata dalla zanzara anofele, l’infezione causa il 9% delle morti di bambini sotto i cinque anni. Oltre al dramma umano, il rapporto ‘Affari e malaria: una minaccia dimenticata’ mette in luce le ripercussioni negative sull’economia del continente: su 8.000 dirigenti di aziende africane intervistati, il 72% ha affermato che sradicare la malaria promuoverebbe efficienza e produttività; il 39% ha detto che la malattia ha “ effetti gravi sui loro affari”. Il rapporto invita in particolare i dirigenti ad “assumere un ruolo più attivo nella lotta alla malaria, a partire dai posti di lavoro”. Nel passare in rassegna varie misure anti-malaria, lo studio rivela che il solo uso di reti trattate con l’insetticida ha sinora aiutato a ridurre la mortalità infantile del 18% nell’Africa subsahariana. Il Forum economico mondiale (Wef) è un’istituzione privata con sede a Ginevra costituita dalle 1000 imprese private più grandi del mondo.
Povertà e mancanza di accesso ai farmaci: un mix fatale
Cronache di morti annunciate
Il mercato della salute condanna a morte milioni di persone. Tra speculazioni e indifferenza.
La tubercolosi in Bangladesh, la malaria in R. D. Congo, la malattia del sonno in Camerun, la lebbra in Cina, il morbo di Chagas in America Latina… Solo alcuni esempi. Nel mondo, e specialmente i Paesi in via di sviluppo, ogni giorno muoiono 35 mila persone di malattie che ignoriamo o che releghiamo, nel nostro immaginario, a epoche passate.
Come i due miliardi di persone, un terzo della popolazione mondiale, affetto da tubercolosi, o i 500 milioni che contraggono ogni anno la malaria. Per non parlare dell’Aids, di cui si parla un po’ di più ma non si fa abbastanza, specialmente là dove la pandemia è dilagante e devastante: neanche a dirlo, l’Africa, con i suoi 25 milioni di malati su 40 milioni al mondo.
C’è un filo rosso di sofferenza che attraversa le regioni più povere della Terra e accomuna milioni, talvolta miliardi di persone. Le più fragili e indifese. Perché le più povere e senza voce.
Ma c’è anche un filo rosso di responsabilità inevase o tradite, che ci toccano molto più da vicino: quelle dei governi, delle istanze internazionali, delle industrie farmaceutiche o dell’Organizzazione mondiale del commercio, che hanno trasformato il diritto alla salute in un enorme business globale, che esclude chi non «interessa». Dimmi che Pil hai, ti dirò se puoi curarti.
«Qui in R.D. Congo, come in molti altri Paesi poveri - protesta Chiara Castellani dal suo ospedale di Kimbau -, in molte strutture dello Stato anche i malati di malattia del sonno, tubercolosi, lebbra e molte altre malattie banali continuano di fatto a pagare per dei trattamenti dovrebbero essere forniti gratuitamente: questo perché le strutture sanitarie pubbliche non godono di alcuna sovvenzione, salvo salari risibili, e sono pertanto costrette a tirare avanti con l’“autofinanziamento” e la “partecipazione economica del malato al suo trattamento”. Eufemismi, che in un Paese povero come il Congo, e in una regione poverissima come il Bandundu, significano che chi non ha i soldi per curarsi non ha diritto ad alcuna assistenza, può solo crepare, per di più disseminando il contagio ai suoi familiari e condannandoli a un’identica morte».
Sono migliaia i casi che Chiara si è trovata ad affrontare: donne, uomini e bambini per cui non ha potuto fare niente o che è riuscita miracolosamente a salvare. I suoi racconti parlano del ragazzino morto penosamente di rabbia, di cui ufficialmente si nega l’esistenza nel Paese, o di uomini deformi a causa della poliomelite, debellata solo sulla carta. Parlano di donne che muoiono di parto o dei suoi ragazzi di Kimbau, che a trent’anni, sono quasi tutti infettati dalla tubercolosi, o dei bambini che, ogni tre o quattro anni vengono falciati da epidemie di morbillo.
«Malattie gravi ma curabili o prevenibili - incalza la Castellani - divengono inevitabilmente causa di morte o di invalidità permanente, e si diffondono senza controllo. Eppure sono considerate malattie rare o praticamente debellate in Occidente, che però continuano a fare migliaia di vittime in Africa e nei Paese in via di sviluppo. Dove per colpa del diritto negato al farmaco divengono causa di morti inutili e stupide».
Chiara, come molti di coloro che operano in campo sanitario nel Sud del mondo, invoca giustizia e solidarietà. E avverte, questo disinteresse e colpevole abbandono può rivelarsi un boomerang: «Quando malattie controllabili si diffondono senza controllo, prima o poi ritorneranno a interessare anche i Paesi ricchi, e non solo perché un immigrato le riporta in Europa. Il terrore di Ebola o della Sars hanno avuto un denominatore comune: lo sfascio della salute pubblica nei Paesi poveri, che impedisce la sorveglianza epidemiologica, perché qui un solo morto non fa numero e morire è ancora troppo facile».
Questo grido d’allarme non può cadere nel vuoto. Quelle denunciate dalla Castellani sono situazioni alle quali ci siamo in qualche modo abituati. Peggio: rassegnati. Ma non è possibile chiudere gli occhi su uno scandalo di tali proporzioni. C’è un Nord del mondo dove si va verso la creazione di medicinali «su misura di paziente», riformulati e adattati sulla base delle caratteristiche dei malati, e un Sud dove manca pressoché totalmente la sanità di base, quella che, con semplici vaccinazioni e una struttura essenziale di assistenza, permetterebbe di prevenire o contenere le patologie più diffuse. In molti contesti, malattie in sé curabili continuano a uccidere milioni di persone, che potrebbero «semplicemente» non ammalarsi se solo vivessero in condizioni dignitose, con un’alimentazione adeguata e un minimo di igiene. E invece queste patologie continuano a radicarsi e a proliferare sulla povertà, la malnutrizione, la mancanza di accesso alla sanità di base e ai farmaci, lo sfruttamento e la guerra… E, spessissimo, sull’indifferenza.
Persino un evento gioioso come la gravidanza e il parto, in molte zone d’Africa, e non solo, ancora oggi è sinonimo di trauma e di rischi altissimi, quando non addirittura di morte.
Le responsabilità più profonde di questo scandalo vanno cercate ancor più alla radice. Perché esse riflettono le sperequazioni economiche e di tenore di vita che separa Paesi ricchi e poveri. Sono il risultato di scelte politiche internazionali, come i famigerati piani di aggiustamento strutturale, che hanno condotto a drastici tagli alla sanità nei Paesi in via di sviluppo imposti per far quadrare i bilanci. Ma anche di politiche nazionali irresponsabili di governi corrotti che continuano a investire più sulla difesa che sulla sanità di base. O che proprio non hanno nulla da investire. Un caso emblematico è quello della Liberia a fine anni Novanta, che aveva a disposizione per la salute 2,5 milioni di dollari, mentre alcune grosse organizzazioni internazionali che operavano sul suo territorio potevano disporre di budget ben più consistenti: Medicins du monde con 1 milione di dollari, Save the Children con 5 milioni e ancor di più Medici senza frontiere.
Ma chiamate in causa sono anche le multinazionali farmaceutiche e i molti soggetti che campano sul «mercato della salute», che non a caso continua a mantenere sotto la tutela dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) le politiche di controllo dei brevetti. Eppure, all’incontro dell’Omc di Doha, nel novembre del 2001, tutti i Paesi si erano dichiarati concordi sul fatto che la logica del profitto non potesse prevalere sulla salute. «I fatti dimostrano esattamente il contrario - incalza la Castellani - visto che sono sempre di più le persone nel mondo private di adeguata assistenza perché non possono pagarsi il diritto a curarsi. Diritto sempre più costoso, dal momento che quello della salute oggi è un business come tanti altri e i farmaci sono considerati alla stregua di una merce qualsiasi».
Alla fine degli anni Novanta il fatturato mondiale dell’industria farmaceutica era di 380 miliardi di euro, superiore al prodotto intero lordo dei Paesi dell’Africa subsahariana, pari a 300 miliardi di euro. Quanto al mercato dei farmaci, quello africano equivale all’1 per cento di quello mondiale. Oltretutto, qui si nuore di malattie che non riguardano più il Nord e dunque anche la ricerca farmaceutica si orienta verso altri prodotti. I Paesi in via di sviluppo non «interessano» e, dunque, neppure le loro malattie.
Tra il 1986 e il 2001 i fondi per la ricerca biomedica sono aumentati da 30 miliardi di dollari a 106 miliardi, ma non si sono registrati reali progressi nella creazione di nuovi strumenti contro le malattie dei più poveri. Sei tipi di malattie - cardiovascolari, sistema nervoso centrale, patologie metaboliche, infettive, respiratorie e muscolari - assorbono l’85 per cento del mercato dei farmaci. Viceversa, delle 1.393 nuove medicine approvate tra il 1975 ed il 1999, solo 13 (l’1 per cento) erano destinate alle malattie tropicali ed alla tubercolosi, che affliggono «solo» l’11 per cento dei pazienti mondiali. Oltretutto, quelli più poveri, che non possono pagarsi le medicine.
Non si tratta dunque di un problema di ricerca in se stessa, ma di un grave squilibrio che caratterizza l’attuale modello di sviluppo dei farmaci. Si fa ricerca, infatti, se l’investimento sarà adeguatamente redditizio. Ovvero, l’interesse scientifico - e ancor più l’interesse per la persona (e per il malato) - non corrispondono spesso all’interesse economico e commerciale.
Un tentativo di spezzare questo circolo vizioso è stato fatto durante l’ultimo incontro del G7 a fine novembre 2005. È stata, infatti, approvata una proposta italiana che dovrebbe incentivare la ricerca e la produzione di vaccini, a fronte di una promessa di acquisto dei futuri farmaci, da parte dei Sette Grandi, di circa un miliardo di dollari. Un’iniziativa lodevole, a patto che non si trasformi in un nuovo grande business solo per le Multinazionali farmaceutiche.
Multinazionali, che, pur trascurando il mercato dei malati poveri e non redditizi, non si sono invece fatte molti scrupoli nell’«usarli» come «cavie» per sperimentazioni senza controllo.
Ogni anno vengono effettuati circa centomila test clinici al mondo, il 10 per cento dei quali nei Paesi in via di sviluppo, l’uno per cento in Africa. In molti casi, questi test vengono eseguiti senza un’adeguata informazione dei volontari, con un controllo terapeutico insufficiente e dunque in violazione sia dei codici etici che degli standard di sicurezza del paziente. Test di questo genere su un farmaco antiretrovirale contro l’Aids sono stati sospesi in Nigeria, Camerun e Cambogia. Ma continuano altrove.
Per contro, quasi nulla o pochissimo si sta facendo in termini di ricerca e test sulla farmacopea tradizionale, le cui potenzialità e la cui efficacia potrebbero essere utilmente valorizzate. Invece, gli africani che non possono permettersi i costosi farmaci occidentali devono accontentarsi di quelli che trovano sulle bancarelle del mercato o lungo le strade, insieme alle merci più variegate. Si tratta spesso di farmaci illegali che, nella migliore delle ipotesi, contengono una quantità insufficiente di principi attivi o sono composte semplicemente di polvere di gesso. Dunque, non servono a nulla quando non sono addirittura tossici o pericolosi.
Questo mercato parallelo a basso costo e accessibile a tutti - speculare a quello costosissimo e inarrivabile delle multinazionali farmaceutiche - si sta, a sua volta, sviluppando in maniera rapidissima e preoccupante. In Kenya, solo per fare un esempio, tra il 20 e il 30 per cento delle medicine che circolano nel Paese sono contraffatte o di contrabbando. Con grave danno della case farmaceutiche locali, ma soprattutto della gente che li utilizza.
Esempi positivi vengono, invece, da Uganda e Sudafrica, dove sono stati aboliti i ticket sui farmaci per la popolazione più povera. Secondo un team di medici del British Medica Journal «Labolizione del ticket sui farmaci in venti Paesi africani potrebbe salvare la vita a 233 mila bambini, cioè ridurre del 6,3 per cento il tasso di mortalità sotto i cinque anni».
Potrebbe essere un primo passo, assolutamente insufficiente e non certamente l’unico, per non dimenticare chi muore di malattie dimenticate.
Malati invisibili, un’umanità a perdere
Una denuncia forte contro la mercificazione dell’individuo in nome di interessi privati. L’appello di venti Premi Nobel.
Nicoletta Dentico è una vita che si batte per la salute dei dimenticati. Prima come direttore esecutivo di Medici senza frontiere (Msf), ora come rappresentante italiana della Campagna per l’accesso ai farmaci essenziali. «Oggi - denuncia con fermezza - la titolarità del diritto alla salute oggi dipende dal luogo in cui si è nati, e dal potere di acquisto di cui si dispone».
Insomma, se non hai soldi non ti curi. Vale per il più povero dei malati di qualche sperduto villaggio africano, ma vale anche per un sistema globale della sanità, che consente l’accesso ai farmaci e ai servizi sanitari solo a chi può permetterselo. Quello della salute è diventato un business come qualsiasi altro?
In effetti, credo che la guerra silenziosa e micidiale contro l’«umanità a perdere», cioè quella fetta di popolazione mondiale che sta fuori dal mercato, che in molte forme si combatte attraverso l’arma dell’apartheid sanitario sia una delle tragedie più insidiose per l’inizio di questo nuovo millennio. Oggi la salute definisce un territorio nel quale senza scrupolo ci si muove nella direzione della mercificazione dell’individuo, dei bisogni, dei diritti, spesso in nome di interessi privati. Il sogno della salute per tutti entro l’anno 2000, annunciato ad Alma Ata nel 1978 nel segno dell’audace speranza di una vita migliore per tutti, ha avuto vita davvero breve. È andato tristemente a frantumarsi a partire dagli anni Ottanta, quando l’avvio delle politiche neoliberiste volute da Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale ha imposto ricette economiche capestro sulle voci di spesa sociale degli stati. Le conseguenti politiche di privatizzazione della salute, che hanno avuto un impatto devastante nei Paesi a basso reddito, hanno permesso la riduzione del ruolo dei governi, ed oggi sono le multinazionali - non solo quelle del farmaco - che dettano legge sulle politiche sanitarie nel mondo. La salute è un affare, che gode decisamente di buona salute, se si leggono i dati finanziari annuali. Il mercato farmaceutico mondiale ammontava a 518 miliardi di dollari nel 2004.
Eppure tra i cosiddetti Obiettivi del millennio c’è anche quello di ridurre la mortalità infantile e migliorare la salute materna, oltre a combattere Aids, tubercolosi e malaria. A che punto siamo?
Da un lato la politica globale sullo sviluppo è passata dall’obiettivo dello sradicamento della povertà alla nuova strategia del dimezzamento delle persone in condizioni di «estrema povertà» entro il 2015, quasi che il mancato accesso ai beni fondamentali per miliardi di persone fosse un dato inevitabile della storia. Si tratta di una pillola francamente indigeribile. La ricchezza mondiale ha superato la cifra dei 33.000 miliardi di dollari, mentre le stime più recenti in relazione alla copertura finanziaria dei servizi sociali di base - presentate al G8 di Evian nel 2003 - parlano di 70 miliardi di dollari di investimenti annuali per dieci anni. Se poi andiamo a vedere nello specifico gli Obiettivi del millennio, tutti sanno che particolarmente a rischio sono proprio quelli sulla salute, anche perché le sfide sanitarie incombono con indicatori di crescita sempre più preoccupanti - vedasi il virus dell’Aids - e con sempre maggiore virulenza. Basti pensare alla minaccia dell’influenza aviaria, che ha lasciato tutto il mondo con il fiato sospeso.
Ciononostante, la politica dei brevetti continua ad essere saldamente sotto il controllo dell’Organizzazione mondiale del commercio invece che appannaggio dell’Organizzazione mondiale della salute…
Peggio. Tutta la partita della salute sembra essere arbitrata da un’organizzazione a vocazione commerciale come l’Omc, a discapito della sola organizzazione al mondo che ha il mandato istituzionale di occuparsi della salute della popolazione del pianeta. È un vero peccato che l’Oms abbia passivamente accettato nei decenni scorsi questa usurpazione di ruolo. Solo adesso, e con estrema fatica, sta tentando di riguadagnare il terreno perduto. Non è detto che le lobby forti che imperversano all’interno dell’Oms - soprattutto quelle farmaceutiche, appoggiate a potenti governi - permettano all’agenzia dell’Onu questo recupero della propria centralità, peraltro del tutto auspicabile.
La case farmaceutiche si difendono, dicendo che per fare ricerca sono necessari i proventi dei brevetti. Ma è proprio vero che la ricerca sui farmaci è in crisi per mancanza di fondi?
La protezione dei brevetti è considerata ormai un dogma, e la chiave di volta intangibile di tutto l’edificio della moderna farmacia. Essi garantiscono privilegi monopolistici alle case farmaceutiche. Secondo l’accordo sulla proprietà intellettuale (Trips) siglato in seno all’Omc, la protezione brevettuale dura vent’anni, ed in nome di questo regime di monopolio le aziende possono fissare autonomamente le regole dei prezzi e della produzione dei farmaci. Qui si ergono le prime fondamentali barriere all’accesso. I prezzi crescono indebitamente, anche per i pazienti del Nord. Inoltre, la ricerca viene inesorabilmente orientata verso le malattie legate agli stili di vita del mondo ricco, piuttosto che ai bisogni di una parte crescente della popolazione impoverita del Sud del mondo. L’innovazione medica segue le spinte del profitto, non più i bisogni della gente. I brevetti sono una potente arma di ricatto che le case farmaceutiche utilizzano nei confronti dei governi e dei cittadini consumatori. La loro argomentazione è chiara: senza brevetti, niente profitti. Senza profitti, niente ricerca e sviluppo. Vale la pena però di guardare con attenzione alle cifre di bilancio delle aziende, perché da qui emerge un’altra storia. Ovvero che, mentre i loro profitti aumentano a ritmi vertiginosi, la quantità di denaro spesa per il marketing e la pubblicità è nettamente superiore a quella per la ricerca: nel 2001 la Merck ha investito il 13 per cento degli utili in marketing, il 5 per cento in ricerca. Nello stesso anno la Pfizer ha speso il 35 per cento del capitale in marketing, l’11 per cento in ricerca. Globalmente, l’industria farmaceutica ha dedicato al marketing il 27 per cento dei fondi disponibili, e l’11 per cento nelle attività di laboratorio.
Che cosa fare a livello più generale per promuovere politiche sanitarie più giuste ed eque che non «dimentichino» ampie fasce della popolazione mondiale e non trascurino molte malattie che restano drammaticamente comuni, attuali e letali? A quali livelli si dovrebbe intervenire?
Tutti possono e devono intervenire, anche perché il problema ha raggiunto dimensioni veramente preoccupanti. C’è uno squilibrio fatale tra Nord e Sud del mondo, tra ricchi e poveri. È fatale perché uccide milioni di persone ogni anno, ma non deve essere accettato fatalisticamente, perché rappresenta il risultato di politiche patologiche che hanno delegato la questione del diritto alla salute. È davvero come se i nostri governi avessero a loro volta contratto la malattia del sonno, disimpegnandosi progressivamente sul fronte del diritto alla salute, che è sancito in 109 costituzioni, e rientra tra i doveri fondamentali di ogni amministrazione. Per questo un gruppo di ong ed enti di ricerca hanno lanciato a giugno un appello internazionale, sottoscritto da venti Premi Nobel e da oltre 2.500 scienziati ed accademici, per risvegliare i governi da questa patologica letargia. Intendiamo portarlo all’assemblea dell’Oms il prossimo maggio, convinti come siamo che questa agenzia possa giocare un ruolo centrale nella ri-definizione delle politiche globali sulla salute, nei diversi ambiti.
Come nasce e con quale scopo la Campagna per l’accesso ai farmaci essenziali?
L’iniziativa dei farmaci per le malattie dimenticate (Drugs for Neglected Diseases Iniziative, Dndi) è stata la promotrice di un appello insieme a Medici Senza Frontiere, Oxfam ed altri istituti pubblici di ricerca del Sud del mondo (www.researchappeal.org). È nata nel 2003 dall’esperienza della Campagna per i farmaci essenziali e sotto la spinta di Msf si è costituita come un consorzio che unisce enti pubblici di ricerca del Sud del mondo - in Kenya, Malaysia, Brasile, India - realtà come l’Istituto Pasteur e Medici Senza Frontiere, più il programma di ricerca sulle malattie tropicali dell’Oms. L’obiettivo è quello di mettere a punto un modello innovativo ed efficace per attivare la ricerca sulle malattie dimenticate - prime fra tutte, in questa fase, la malattia del sonno, la leishmaniosi, il morbo di Chagas e la malaria - coinvolgendo i Paesi endemici e gli operatori sanitari locali. Dndi vuole occuparsi dei pazienti più trascurati, per offrire loro scienza di buona qualità ed alla fine farmaci che siano adeguati ai contenti in cui si trovano i pazienti, farmaci, sicuri, nuovi ed efficaci a combattere le malattie. È una sfida positiva per dimostrare che un’altra ricerca è non solo possibile, ma anche necessaria, se vogliamo rispondere ai bisogni delle persone, a prescindere dal loro potere d’acquisto. Dndi sa di non essere la soluzione del problema, ma punta a smuovere il mondo scientifico, e soprattutto quello politico, affinché assuma la necessaria leadership sulla salute, e faccia di questa un settore strategico, nell’interesse pubblico. Le malattie non hanno frontiere. È sicuramente arrivato il momento di comprendere che la gestione dei bisogni dell’umanità, in ambito della salute, deve andare ben oltre la pura filantropia. Ci vogliono politiche indirizzate ai diritti. Ne va della stessa sostenibilità della famiglia umana.
In Africa Subsahariana una mamma su 16 non sopravvive al parto
Vite sospese
Ogni minuto una donna muore per complicazioni legate alla nascita di un figlio. L'esperinza dell'ospedale di Ikonda
C’è un luogo sulle montagne del sud della Tanzania, dove la nascita di un figlio, uno tra gli eventi più importanti e intensi nella vita di una donna, troppo spesso si trasforma in una drammatica danza con la morte. A Ikonda, villaggetto arroccato a duemila metri sulle Livingston Mountains, mettere al mondo un bambino può essere ancora oggi la peggiore delle esperienze. Per la mamma e per il piccolo, che rischiano di non sopravvivere; per la famiglia tutta, costretta ad affrontare un lutto nel giorno che dovrebbe essere il più bello.
Purtroppo non è una situazione limitata a questo angolo di Africa povero e isolato. Nel mondo, infatti, e specialmente nei Paesi in via di sviluppo, ogni minuto una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza o al parto. Emorragie, infezioni, eclampsia, aborti clandestini... Il campionario dell’angoscia è quanto mai vasto e doloroso. E costituisce uno tra gli steccati più alti che separano i Paesi ricchi da quelli che arrancano lungo la difficile via dello sviluppo.
Secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità, Unicef e Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite, una donna che vive nel Nord del mondo ha una probabilità su 2.800 di morire di parto. Nell’Africa sub-sahariana il rapporto è di una su 16. Percentuali drammatiche si registrano anche in Afghanistan e in India. Il dato totale parla di oltre 510 mila donne che ogni anno perdono la vita nel tentativo di darla.
All’Ikonda Hospital, la struttura sanitaria realizzata dai missionari della Consolata, e diretta da un religioso italiano, padre Alessandro Nava, ne sanno qualcosa. Quando è stato costruito, oltre quarant’anni fa, l’obiettivo era proprio quello di migliorare le condizioni igienico-sanitarie della zona, per ridurre innanzitutto la mortalità infantile allora elevatissima e assistere le puerpere. «Ora la situazione è decisamente migliorata - dice il missionario - ma c’è ancora molto lavoro da fare».
«In questa regione la mortalità legata alla gravidanza e al parto è ancora molto alta», conferma suor Egle Casiraghi. Missionaria della Consolata pure lei, e infermiera come le tre consorelle con cui lavora in ospedale, racconta della sua trentennale esperienza in Tanzania e di questa regione, dove è arrivata nel 2002, e dove ha ritrovato un dramma che pensava di essersi lasciata alle spalle. Quello di tante donne che continuano a morire di parto.
«In questa zona - spiega mentre si aggira nel reparto maternità - la popolazione è molto bassa di statura e le donne spesso manifestano deformazioni delle ossa del bacino, a causa dei pesi che trasportano sulla testa fin da giovanissime. Questo rende i parti particolarmente problematici».
Nell’ospedale, l’incidenza dei cesarei è molto alta. Il personale locale tende a ricorrervi per ridurre i rischi, ma dopo un paio di nascite sono costretti a chiudere le tube, perché un ulteriore parto metterebbe di nuovo a rischio la vita delle donne.
«Da quando sono arrivata qui - continua la missionaria - l’incidenza dei cesarei si è notevolmente ridotta, perché abbiamo cominciato a raggiungere le donne nei villaggi e a fare formazione; le visitiamo e le invitiamo a presentarsi all’ospedale per tempo». Per questo, poco distante, hanno costruito una grande casa, ribattezzata Nuru, che significa «luce» in kiswahili. Serve ad accogliere una quarantina di puerpere o anche di più, alcune delle quali arrivano da molto lontano. Suor Egle si aggira soddisfatta in mezzo a tanti pancioni, come se quei bimbi in arrivo fossero anche un po’ suoi. Organizza corsi di formazione per preparare le future madri al parto e a prendersi cura successivamente dei figli. Dispensa consigli e tenerezza.
Suor Egle è orgogliosa degli oltre mille bambini che sono nati nella sua maternità lo scorso anno, ma non nasconde i problemi e le difficoltà. Povertà e mancanza di educazione, oltre a retaggi culturali e tradizionali, continuano a mettere a rischio la salute delle madri. Come quella della giovane alla sua prima gravidanza che, il giorno prima del parto, è praticamente fuggita dal reparto per far nascere il figlio nel bosco, assistita dalla madre. «Forse avrà pensato di non potersi permettere il piccolo contributo economico che chiediamo - azzarda suor Egle -. Per fortuna l’abbiamo ritrovata quasi subito e abbiamo potuto salvare lei e il bambino».
Le è andata bene, ma per molte madri, anche dopo il parto, la situazione rischia di mettersi al peggio. Nel mondo, sono dieci milioni, infatti, le donne che soffrono di malattie, lesioni e infezioni post-parto, dovute, in molti casi, alle gravidanze precoci di mogli poco più che bambine.
Secondo le Nazioni Unite, nella sola Nigeria, tra le 400 mila e le 800 mila donne sono affette da fistole ostetriche, prevenibili con un parto cesareo o curabili con un’operazione da 250 euro. Ma in contesti problematici come quelli di molti Paesi africani, dove i sistemi sanitari sono allo sfascio, sono poche le pazienti che possano permettersi queste operazioni, e ancora meno le strutture e i medici in grado di eseguirle.
Kees Waaldijk, un medico olandese che da oltre vent’ anni lavora presso l’ospedale nigeriano di Babbar Ruga, ha raccontato recentemente al New York Times di aver insegnato a effettuare questi interventi a più di trecento chirurghi locali; molti di loro, tuttavia, una volta imparato il mestiere, hanno preferito trasferirsi in Paesi del Nord del mondo, da cui provengono molte richieste di personale sanitario, in cambio, ovviamente, di retribuzioni che i governi poveri non possono neanche lontanamente permettersi.
Nessuno, dunque, si illude che anche quello della riduzione di tre quarti della mortalità materna, entro il 2015 - uno dei cosiddetti Obiettivi del millennio stabiliti dalle Nazioni Unite - possa essere ragionevolmente raggiunto. Un grave ipoteca sul diritto alla vita, oltre che alla salute.
ANGOLA 31/7/2006 16.05
COLERA: EPIDEMIA, OLTRE 51.000 CASI E 2.100 VITTIME
Sono 2.118 le vittime e 51.321 i casi di contagio provocati dall’epidemia di colera in corso dallo scorso febbraio in Angola. La MISNA lo ha appreso dall’ultimo bollettino diffuso oggi dall’ufficio angolano dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), in cui si precisa che nelle ultime 24 ore si sono registrati ‘solo’ 55 casi di contagio e nessun decesso. Continua ad essere confuso l’andamento di questa epidemia, più volte data vicina alla sua conclusione e che invece ha poi fatto registrare nuovi casi. Guardando ai dati relativi all’ultima settimana, ad esempio, si scopre che a fronte di un numero di casi in diminuzione rispetto a quella precedente - 517 (conteggiati nella settimana che va dal 23 al 30 luglio) rispetto ai 589 dei 7 giorni precedenti – si è registrato un numero di decessi superiore (26 contro 23), facendo così salire al 5,3% il tasso di mortalità dell’epidemia per quanto riguarda la settimana presa in esame. Nella nota dell’Oms si conferma inoltre l’estensione dell’epidemia (iniziata 13 febbraio scorso nel quartiere di Boa Vista della capitale Luanda) a una nuova provincia, quella di Kuando Kubango, dove il bilancio è adesso fermo a 111 casi e 10 morti. Le zone maggiormente colpite restano comunque la provincia di Luanda, con 23396 contagi e 302 morti; mentre il maggior numero di vittime, 518, è stato registrato nella provincia di Benguela (su 8424 contagi). Le altre zone colpite duramente dall’epidemia sono Uige, Luanda Norte, Kwanza Sul e Kwanza Norte.
NIGERIA - Altri 15 milioni di euro sono stati stanziati per rafforzare un programma di vaccinazione antipolio e contro altre malattie infantili. Il programma è una partnership quinquennale avviata nel 2002 tra l’Unione Europea, che mette a disposizione i fondi, e la Commissione nazionale per la pianificazione di Abuja. I finanziamenti serviranno a rendere più efficace l’attività di vaccinazione in sei Stati nigeriani: Abia, Cross River, Gombe, Kebbi, Osun e Plateu.
ANGOLA 8/8/2006 12.49
COLERA, RALLENTA MA NON SI FERMA L’EPIDEMIA
Dopo 31 settimane dal primo caso di colera registrato a Luanda, l’epidemia in Angola, una delle più gravi dell’Africa, non può ancora dirsi del tutto risolta. Sono saliti a 2.156 le vittime e 51.700 i contagi in 14 delle 18 province angolane, secondo l’ultimo bollettino giunto alla MISNA dall’ufficio di Luanda dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Nella nota si precisa che nelle ultime 24 ore sono stati registrati 55 nuovi pazienti e 1 morto. Sarebbero 18, secondo la nota, le vittime del colera nell’ultima settimana, riportando il tasso di mortalità al di sotto del 2%. Ma confrontando i dati contenuti nel precedente rapporto, inviato il 31 luglio (con 2118 vittime registrate), il numero dei morti sembrerebbe invece essere stato di 38 negli ultimi sette giorni. Contato dalla MISNA presso l’ufficio dell’Oms a Luanda, il dr. Eusebio, che si occupa dell’aggiornamento dei dati, ha spiegato che la differenza è dovuta ad un aggiornamento con i decessi avvenuti nelle settimane precedenti e non segnalati, se non negli ultimi giorni; il medico sottolinea la difficoltà nel conteggio soprattutto per i decessi che avvengono nelle abitazioni e non negli ospedali. Dopo essere stata più volte dichiarata vicina alla conclusione, l’epidemia continua ad avere un andamento altalenante di difficile comprensione. Le zone maggiormente colpite restano comunque la provincia di Luanda e Benguela, resta seria la situazione nella provincia di Uige dove si registra il maggior numero di nuovi contagiati negli ultimi giorni. Nella provincia di Kuando Kubando, l’ultima ad essere stata raggiunta dall’epidemia due settimane fa, i malati sono 131 e le vittime 12.
LESOTHO - Un esercito di orfani - per l’esattezza circa 180.000 - e 320.000 contagiati con il virus dell’immunodeficienza umana (viu/hvi) o da relativa sindrome conclamata (sida/aids): sono dati resi noti da uno speciale della Radio pubblica nazionale. Nel paese, montagnosa enclave del Sudafrica, la disoccupazione è intorno al 45% della popolazione attiva e metà dei due milioni di abitanti vive sotto la soglia di povertà. “Quando gli orfani vengono a scuola per la prima volta, dobbiamo spendere i primi due mesi di lezioni a fornire loro assistenza psicologica, poiché appena proviamo a parlare con loro scoppiano in lacrime” ha detto alla radio un insegnante. “Il governo sta facendo tutto quello che può, ma la pandemia ci sta sopraffacendo” ha spiegato ha detto un altro funzionario pubblico
ZANZIBAR
(MISNA) Sette bambini sono morti e almeno altri 400 sono rimasti infettati da una nuova recrudescenza dell’epidemia di colera che ha colpito negli ultimi mesi lo stato semi-autonomo di Zanzibar, federato con la Tanzania. Dallo scorso marzo sono già 47 le persone che hanno perso la vita a causa del contagio, secondo fonti statali, con gravi conseguenze soprattutto per il turismo. Una precedente epidemia, nel 1997, uccise 124 persone.
Clinton urges Africa to step up AIDS tests
By Frank Phiri
LILONGWE, (Worldnews July 14) - Bill Clinton on Friday urged African governments to encourage people to take voluntary AIDS tests, saying it was the only way that newly available drugs would have an impact on the epidemic.
"People living with HIV and AIDS can live a normal life if they go for testing to know their status. We'll bring the medicine and it does not matter at what cost but how many lives will be saved and changed," Clinton said.
AIDS kills 10 people in Malawi per hour, and at least one million of the small southern African country's total population of 12 million is infected, according to official statistics.
Clinton's foundation has been working to make cheaper anti-retroviral (ARV) AIDS drugs available in Africa, and he has in the past voiced support for mandatory HIV/AIDS tests in countries with high infection rates.
Mandatory testing remains controversial, with some activists fearing it could expose infected people to stigma particularly in countries where treatment is not readily available.
Clinton's visit to Malawi was to unveil new projects undertaken by the Clinton-Hunter Foundation Development Initiative, which aims to address poverty and the HIV/AIDS pandemic.
Clinton commended Malawi -- one of Africa's poorest and least developed nations -- for its anti-poverty agenda.
"You have set the right priorities. We have come here to build a partnership with poor people to help them help themselves. I promise you that together we'll keep the score," he said.
The CHDI has set aside an initial $100 million for Malawi and Rwanda.
The first projects under the Clinton-Hunter initiative will invest in education, health, infrastructure, agriculture, and enterpreneurial support.
"This is a private sector initiative by two individuals who are touched by poverty in Malawi and are committed to assist in alleviating in," Malawi President Bingu wa Mutharika said at Friday's ceremony.
Tom Hunter, a Scottish philanthropist and retail magnate has staked $100 million on the initiative. He is ranked by Forbes Magazine as the 548th richest person in the world.
African, Canadian Grandmothers Share Wisdom, Tears at International AIDS Conference in Toronto
By Joe De Capua
(voanews 13 August 2006) Nearly 300 grandmothers from sub-Saharan Africa and Canada shared wisdom and tears Sunday at the 16th International AIDS Conference in Toronto. The three-day gathering of the Grandmothers to Grandmothers Campaign culminated with a march and rally. And the African grannies celebrated with song and dance.
One of the grandmothers participating in the 16th International AIDS Conference in Toronto
Nearly 300 grandmothers from sub-Saharan Africa and Canada shared wisdom and tears Sunday at the 16th International AIDS Conference in Toronto.
The three-day gathering of the Grandmothers to Grandmothers Campaign culminated with a march and rally. And the African grannies celebrated with song and dance.
According to the Stephen Lewis Foundation, organizer of the event, there are about 13 million children in sub-Saharan Africa who’ve become orphans as a result of AIDS. It warns that number could climb to nearly 20 million by 2010.
Maria Osogo, a grandmother from Kenya, is ready to share her experiences from Toronto.
“Yes, after this meeting we’ll go and educate our grandmothers how to take care of their young siblings,” said Maria Osogo. “And educate them and create awareness for them to deal with their young siblings.”
Two Canadian grandmothers reflect on what they learned.
“They sit down for supper and there is no food. They give thanks to God that they are alive, one woman told me with tears in her eyes. It just breaks your heart. – As mothers and grandmothers there’s just no borders. We’re the same in terms of how we love our children, how we love our grandchildren. And it just puts a very personal face on this whole disaster that’s happening over there.”
Alicia Keyes (l) and Stephen Lewis
Entertainer Alicia Keyes took part in the Grandmothers to Grandmothers Campaign, helping to lead the march.
“I have a grandmother of my own and she is one of the most important women in my life,” said Alicia Keyes. “I love her so much. I tell her I love her so much. I probably drive her crazy. But I can imagine her having to watch her children pass and raise her grandchildren at this time in her life. And it’s very hard. And so I admire you greatly. I support you so much. I encourage you. I love you.”
Finally, Stephen Lewis, the UN Special Envoy on AIDS, said the gathering of grandmothers was an extraordinary event.
“Everybody understood that what was being fashioned here on the eve of the International AIDS Conference was a movement,” said Stephen Lewis. “I was something that could spread, was something that could move through country after country, so that the African grandmothers would have the sense of solidarity and friendship and support, not just from Canada, but right around the world.”
As the joint statement from the grandmothers said, “Our children, like all children, deserve a future. We will not raise our children for the grave.”
AIDS: PIOT, MILIONI DI VITE DIPENDONO DA PREVENZIONE
(ANSA) Milioni di vite dipendono dalla prevenzione contro il virus dell'Aids. Ma la maggior parte di esse, soprattutto coloro che vivono nell'Africa subsahariana e nei Caraibi, non hanno armi per difendersi. ''Dipendono dalla disponibilita' di fondi per la prevenzione dell'Hiv'', ha detto il direttore del programma delle Nazioni Unite per la lotta contro l'Aids (UNAIDS), Peter Piot, aprendo a Toronto il congresso mondiale sull'Aids in uno stadio affollatissimo e dominato, alle spalle del palco, da un grande nodo rosso, simbolo della lotta contro l'Aids.
A lanciare l'appello alla prevenzione, mai cosi' forte negli ultimi anni, sono stati anche Bill e Melinda Gates, la cui fondazione nei giorni scorsi ha donato 500 milioni di dollari al Fondo Globale per la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria. Si' alla prevenzione, e soprattutto ''e' tempo di affidarla nelle mani delle donne'', hanno detto, accolti da un lunghissimo applauso. Il loro discorso e' stato interrotto due volte con fischi e contestazioni rivolte da gruppi di attivisti prima contro il presidente degli Stati Uniti Bush, per gli scarsi contributi al Fondo Globale, e poi contro il primo ministro canadese, il conservatore Steven Harper, che non e' intervenuto alla cerimonia. ''Svegliati, Steve!'', c'era scritto sulle magliette bianche sollevate dagli attivisti come stendardi.
Era invece presente la governatrice generale del Canada, Michaelle Jean. Soltanto con un grande sforzo comune, ha detto, si potra' sperare di sconfiggere un'infezione che in Africa ha privato di almeno un genitore 28 milioni di bambini e che ne ha resi completamente orfani 12 milioni. A uno sforzo collettivo, da ''portare avanti insieme, come fratelli e sorelle'' ha invitato l'attore Richard Gere, da anni impegnato nella lotta contro l'Aids.
Con un intervento a sorpresa, poco prima dell'inizio del concerto che ha chiuso la cerimonia, Richard Gere ha esordito gridando ''hallo Africa!''. Capelli bianchi, barba e spilla con il nodo rosso, ha ricordato le cifre impressionanti dell'epidemia, con quasi 40 milioni di sieropositivi nel mondo, 25 milioni di morti, 12 milioni di orfani. ''Sono numeri che aumentano sempre di piu''', ha detto, ''per questo abbiamo bisogno di essere tutti uniti''.
Ma c'e' anche tanto ottimismo: per Piot ''e' tempo di grandi opportunita' e grandi speranze, tuttavia e' necessario essere piu' aggressivi e decisi perche' i progressi fatti nella conoscenza della malattia si traducano in risultati concreti. E' un congresso speciale, quello che si apre oggi, ha osservato Piot, ''perche' questo e' un momento molto speciale nella storia della lotta contro l'Aids: per la prima volta cominciamo a vedere dei risultati'', ha aggiunto riferendosi ai programmi di prevenzione e cura recentemente avviati in India e in alcuni Paesi africani. Se in passato la priorita' era gestire la crisi, ha detto ancora, ''adesso si tratta di dare una risposta sostenibile'', con programmi destinati a durare per lunghi periodi. Sono almeno tre le priorita' indicate da Piot: innanzitutto bisogna concentrare gli investimenti per rendere le cure accessibili e la prevenzione efficace; perche' questo avvenga e' necessario ''combattere stigma e discriminazione''; in terzo luogo la lotta all'Aids non deve piu' essere un'emergenza ma un'azione programmata e duratura.
''Adesso abbiamo i mezzi e l'opportunita' per mettere le cure a disposizione di tutti'', ha detto la presidente della International Aids Society, Helene Gayle. La battaglia contro il virus adesso ha bisogno di nuove strategie, e la prima necessita', ha osservato, e' ''fare in modo che scienza e societa' collaborino per raccogliere la nuova sfida''. Anche per il presidente del congresso, Mark Weinberg , la sfida e' rendere le cure accessibili ovunque.
Per tutti, quello che si e' appena aperto e' un congresso destinato a lasciare un segno. Come esattamente dieci anni fa il congresso di Vancouver segno' la rivoluzione della triterapia, con la possibilita' di sopravvivere al virus e convivere a lungo con esso, il congresso di Toronto, ha concluso Weinberg, ''lascera' come eredita' la disponibilita' delle cure. Trasformera' in realta' l'accesso ai farmaci e alla prevenzione in ogni angolo del mondo''.
Orphans are Africa's next AIDS challenge
JOHANNESBURG (Reuters) - More than 15 million children in sub-Saharan Africa will have lost one or both parents to HIV/AIDS by 2010, straining social safety networks as poor countries battle the epidemic, a report said on Monday.
The report by the U.N. Children's Fund (UNICEF), UNAIDS and the U.S. President's Emergency Plan for AIDS Relief (PEPFAR) said Africa's AIDS crisis was increasingly taking a toll on the younger generation.
"Millions of children affected by AIDS are out of school, growing up alone, vulnerable to poverty, marginalization and discrimination," UNICEF Deputy Executive Director Rima Salah said in a statement on the report, released to coincide with the International AIDS Conference in Toronto.
"Children who have lost parents and care-givers are left without their first line of defense."
The report said children are often disproportionately affected by HIV/AIDS, which not only robs them of parents but also of education and health care as doctors, nurses and teachers succumb to the epidemic.
AIDS is responsible for about 12 million of the 48 million children who have lost one or both parents in sub-Saharan Africa. In Zambia, with a population of about 10 million, there are an estimated one million children needing additional care.
INTERNATIONAL AID
The report said the rising numbers of children losing parents to HIV/AIDS was making it hard for surviving parents or extended families to step in with assistance, requiring greater help from the international community.
"By strengthening critical programs at the local level, the international community can ensure that orphaned and vulnerable children receive the care, support and protection they need," said Kent Hill, assistant administrator of the Bureau for Global Health at USAID, the U.S. aid agency.
Children affected by AIDS are at higher risk of missing school, nutritional problems and anxiety, the report said. It added that they are also at higher risk of HIV infection, with girls and young women aged 15-24 particularly vulnerable.
The report said that even in countries where the HIV/AIDS epidemic appears to be stabilizing or on the decline, the number of orphans will continue to grow or at least remain high due to the time lag between HIV infection and death.
The growing extent of Africa's AIDS orphan crisis requires new interventions at the local, national and international level, the report said.
Prolonging the lives of parents, through the provision of AIDS treatments such as anti-retroviral drugs, would be one key step toward improving the situation, as would basic steps such as eliminating school fees, which might keep AIDS orphans in class and improve their future prospects.
Another important task is strengthening community organizations to help care for children and fight the stigma of HIV/AIDS, which pushes many affected children to the margins of society at the moment of their greatest need.
Ti rispondo anche se non sono Ewigen, visto che lui ed io apriamo spesso thread sugli stessi argomenti.
Non è vero che interessa poco, thread come questi vengono letti, ma molti non postano perchè non sanno cosa dire, sia perchè si conosce poco o nulla della storia, della geografia e della realtà di quelle nazioni.
Purtroppo la geografia in Italia (insegnata malissimo per colpa dei programmi ministeriali) è troppo in secondo piano rispetto alla storia e alla politica interna.
Inoltre nel caso dell'Africa, del Sud America o di molte nazioni asiatiche non c'è un dualismo in cui schierarsi (occidente vs islam, polo vs ulivo, cattolicesimo vs laici/altre religioni)
Per i Tg e la gran parte dei media italiani quelle nazioni non esistono; non è il pubblico che decide quali notizie vengono date dai telegiornali (che sono sempre sempre più programmi di intrattenimento e di pubblicità a programmi di rete, film, dischi e libri degli stessi autori).
L'importante alla fine è informare e fare divulgazione su quello che succede in tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, Medio Oriente e USA.
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Women's rights are latest weapon in AIDS war - Gates
BETH DUFF-BROWN IN TORONTO
[scotsman 08/145/2006] BILL and Melinda Gates, rapidly becoming the world's most high-profile figures in the fight against AIDS, have told a global conference that empowering women in developing countries with preventative drugs against HIV could be the "next big breakthrough" in combating the virus that has already claimed 25 million lives.
The couple joined more than 24,000 scientists, activists, celebrities and health workers from 132 countries on Sunday at the opening of the 16th International AIDS Conference.
The Microsoft founder - with a new $30 billion commitment to his foundation from financier Warren Buffett - recently announced he would step down from his day-to-day duties at the company to devote more time to philanthropy.
He told the opening ceremonies that the search for a vaccine to prevent the virus that causes AIDS, and universal treatment for those infected with HIV, were now top priorities. "At the same time, we have to understand that the goal of universal treatment - or even the more modest goal of significantly increasing the percentage of people who get treatment - cannot happen unless we dramatically reduce the rate of new infections," he said.
Mr Gates noted that between 2003 and 2005, the number of people in low and middle-income countries on antiretroviral drugs increased by 450,000 each year. Yet over the same period, the number of people who became infected with HIV averaged more than four million a year.
"In other words, for each new person who got treatment for HIV, more than ten people became infected," he said. "Even during our greatest advance, we are falling behind."
The Bill & Melinda Gates Foundation has given $1.9 billion to support HIV/AIDS projects worldwide since 1995 and last week announced a $500 million grant to the Global Fund to fight AIDS.
"We want to call on everyone here and around the world to help speed up what we hope will be the next big breakthrough in the fight against AIDS - the discovery of a microbicide or an oral prevention drug that can block the transmission of HIV," Mr Gates said. "This could mark a turning point in the epidemic, and we have to make it a priority," he added.
Microbicides are gels or creams women can use to block infections and disease. Sixteen microbicides are being clinically evaluated; five are in major advanced studies.
The couple called for greater advocacy to break the "cruel stigma" of AIDS for women in impoverished nations who typically have little say over their own sex lives or health.
"We need tools that will allow women to protect themselves," said Mr Gates. "This is true whether the woman is a faithful, married mother of small children, or a sex worker trying to scrape out a living in a slum. No matter where she lives, who she is or what she does - a woman should never need her partner's permission to save her own life."
Mr Gates noted that abstinence and the use of condoms had helped to save many lives, but noted that for many at the highest risk for infection, those preventions had their limits. "Abstinence is often not an option for poor women and girls who have no choice but to marry at an early age. Being faithful will not protect a woman whose partner is not faithful. And using condoms is not a decision that a woman can make by herself - it depends on a man."
WHO’s ’2 by 5’ not the answer
[Business day] ACTIVISTS at this week’s world AIDS conference want us to believe that the United Nations’ inefficient and expensive treatment programmes can defeat the AIDS pandemic in Africa. But the single-minded pursuit of these targets has taken the focus away from the only thing which really can defeat it: prevention. The slogan of the biennial International AIDS Conference in Toronto — Time to Deliver — is somewhat optimistic when one considers the UN’s track record on AIDS. It has no clear idea how many people are infected, and plays down the huge obstacles to delivering treatment to the majority.
In December 2003, the World Health Organisation launched its programme to treat 3-million AIDS patients by 2005. It immediately ran into two problems: the member states had not approved the venture and the member state considered at the epicentre of this disease, SA, had already started its own programme.
The South African method was based on laboratory diagnosis, evaluation of disease progression, the response to therapies and the management of antiretroviral toxicities — the important elements of patient care.
By not following the example of a member state, the WHO signalled that while it had been tardy in leading a global effort for AIDS treatment, it was not going to learn lessons either. Getting the numbers up was more important than dealing with patients responsibly.
To get numbers of victims up quickly, it approved simplified diagnostics so that easy-to-use tests, such as body weight and colour-scale blood tests are used where more complicated and expensive tests are not yet available. The only audited figure is the number under treatment.
Worse, it recommended the use of antiretroviral drugs, though they had not been approved by a stringent regulatory authority.
Subsequently, beginning in May 2004, the WHO had to disqualify 18 of those antiretrovirals but it had no authority to issue mandatory recall orders. It is not known how many AIDS patients were subjected to unregulated antiretrovirals.
SA, on the other hand, does provide basic tests to patients before admitting them into AIDS therapy and it uses drugs approved by its own Medicines Control Council, a stringent regulatory authority. It has also invested heavily in laboratory facilities and in training for medical personnel in AIDS-patient care and management: the trouble with antiretrovirals is they need constant professional evaluation and stringent dosage.
In July last year, the WHO admitted that it would miss its treatment goal but then took the opportunity to hold SA partially responsible.
In March, the WHO released its progress report on “3 by 5”. Instead of 3-million AIDS patients under treatment, there were only 1,3-million. In December 2003, the WHO estimated global costs at $5,2bn. This March, the WHO stated that expenditure for last year had reached $8,3bn, while the International Monetary Fund said 2004 expenditures were $8bn.
For each of the patients treated, then, the cost was $12538 over two years. The WHO states that 250000-350000 deaths were averted (meaning delayed for a few years). At the midpoint of 300000, then, each death delayed costs $54333. The WHO boldly states in its progress report that the “lessons learned” can now serve as the foundation for its new goal: universal treatment by 2010, or 10-million by that date.
The medical and clinical basis for that assertion is not at all evident from the WHO’s report. There is no clinical patient data about: beginning CD4 cell counts; counselling methods; drug therapies used; drug resistance; adherence to therapies; adverse reactions; laboratory results; co-morbidities; causes of death while under treatment; or viral suppression rates after the initiation of treatment. In fact, there is no suggestion there are even medical records for patients.
In its unscientific pursuit of numbers for “3 by 5”, the WHO determined from Geneva what was in the best interests of AIDS sufferers who lived in poor countries.
SA understands only too well what the WHO refuses to recognise: there is no cure, so every AIDS patient accepted into treatment is a responsibility of the state for life. As drug resistance sets in, medical treatment costs increase exponentially. Nowhere in its report does the WHO address this future liability. The WHO insists on being measured by its good intentions rather than by its performance. Member states in the real world have no such luxury.
The Toronto meeting is a chance to highlight the failure of throwing more and more money at treatment without a long-term, practical, connected programme of prevention.
Circumcision may be the answer to Aids, says Clinton
[ The Guardian Wednesday August 16, 2006] Bill Clinton called for the world to prepare to tackle the cultural taboos surrounding circumcision yesterday if, as many expect, trials show that it protects men and the women they sleep with from Aids.
In a speech to the International Aids conference in Toronto, Canada, Mr Clinton said that if the trials had good results, there would be a major job of persuasion ahead. "Should this be shown to be effective, we will have another means to prevent the spread of the disease and to save lives, and we will have a big job to do," he said. "It is important that as we leave here we all be prepared for a green light that could have a staggering impact on the male population but that will be frankly a lot of trouble to get done."
The problems would be most obvious in India where Muslims are circumcised but Hindus are not, and the difference is associated with religious identity. During sectarian violence, men have been known to pull down each other's trousers as a means of identifying friend from enemy.
In Africa studies have shown that men are willing to be circumcised if it can be shown to be protective against HIV.
There is excitement about the potential for circumcision in preventing Aids. Last year researchers from South Africa and France announced that in a trial of 3,274 men from near Johannesburg randomly chosen either to be circumcised or not, those who underwent the procedure had a 60% lower risk of acquiring HIV afterwards than those who did not.
Three further studies are under way in Kenya and Uganda, according to a report published yesterday at the conference by the Global HIV Prevention Working Group. They are looking at different age groups of men and ways of carrying out the circumcision operation. One of the trials is following 7,000 women in Uganda to see whether they are less likely to get HIV if their partners have been circumcised. The results are expected next year.
The potential for preventing HIV through circumcision was one of the interventions spoken of with most hope in Toronto this week. Mr Clinton also backed opt-out schemes for HIV testing, such as that being introduced in Lesotho. "If it is done right, Lesotho's infection will plummet and more people will live," he said.
He understood the fear of discrimination, which existed when a friend of his died of Aids in the 1980s, "but there is a different equation today".
Some human rights groups are anxious that pressure could be exerted on people to be tested without help and treatment being available. The knowledge to stop the pandemic exists, Mr Clinton said, and must be used.
More than 15 million children in sub-Saharan Africa will have lost one or both parents to Aids by 2010, according to the UN which says the world has failed youngsters. At the launch of a report entitled Children Affected by Aids in Toronto, Michel Sidibe of UNAids said children were "the missing face" of the pandemic.
ANGOLA 16/8/2006 22.01
COLERA: EPIDEMIA, QUASI 53.000 I CONTAGI
[ MISNA ] Sono 2.167 le vittime e 52.700 i casi di contagio provocati dall’epidemia di colera in corso da febbraio in Angola. La MISNA lo ha appreso dall’ultimo bollettino diffuso oggi dall’ufficio angolano dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), aggiornato al 16 agosto, in cui si precisa che nelle ultime 24 ore si sono registrati ‘solo’ 41 casi di contagio e 3 decessi. Nella sua nota, l’Oms evidenzia un calo della gravità dell’epidemia. Paragonando i dati raccolti nell’ultima settimana (dal 6 al 13 agosto), infatti, con quelli del precedente bollettino (dal 31 luglio al 6 agosto) si scopre che i contagi sono scesi a 276 dai 335 della prima settimana di agosto, mentre si sono registrate 5 morti invece delle 18 della settimana precedente. La provincia di Uige, “con una media di 87 casi a settimana”, resta la zona del paese in cui l’epidemia si diffonde maggiormente, seguita dalle province di Kwanza Sul (43) e Luanda (36). In totale 15 delle 18 province del paese sono interessate dal diffondersi dell’epidemia. Le zone maggiormente colpite dal colera restano comunque la provincia di Luanda, con 23493 contagi e 304 morti; mentre il maggior numero di vittime, 523, continua ad essere registrato nella provincia di Benguela (su 8465 contagi).
NIGERIA 17/8/2006 0.41
LA LUNGA BATTAGLIA PER SRADICARE LA POLIOMIELIETE…
[ PIME ]“Nel paese si sono verificati nuovi casi di poliomielite: circa 467 solo quest’anno” lo ha riferito il presidente Olusegun Obasanjo in un messaggio letto dal segretario di governo durante il seminario sulla malattia infettiva promosso ad Abuja dal ministero degli Affari Femminili. “Questo sviluppo – prosegue la nota – dovrebbe rendere tutti noi consapevoli del fatto che siamo lontani dall’aver vinto la battaglia per liberare il nostro paese dalla poliomielite”. Il presidente nigeriano ha poi invitato i delegati a impegnarsi perché i bambini nigeriani non vengano più menomati o uccisi da malattie evitabili grazie a vaccini e precisato che gli sforzi di sradicare la malattia hanno subito una battuta d’arresto proprio dopo che il programma globale di sradicamento è stato boicottato per 16 mesi in alcune parti del paese. Con 788 casi di bambini paralizzati a causa di questa malattia, la Nigeria – che con oltre 130 milioni di abitanti è il più popoloso paese dell’Africa – conta circa i due terzi di malati di poliomielite nel mondo. “Vi è una lunga strada da fare per raggiungere la copertura d’immunizzazione necessaria per fermare la trasmissione in uno stato ad alto rischio come il nostro” ha commentato il ministro della Sanità Eyitayo Lambo, concludendo con una nota positiva che il suo dicastero ha comunque “raggiunto il 65% dell’obiettivo nazionale d’immunizzazione per il 2006”.
17/8/2006 4.11
SIDA/AIDS: IL DRAMMA DELL’AFRICA NELLA CONFERENZA DI TORONTO
[PIME] In 60 paesi poveri, molti dei quali nell’ Africa subsahariana, la mancanza di circa quattro milioni di medici e paramedici è diventata uno dei maggiori ostacoli nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza acquisita (sida/aids). Lo ha denunciato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms/Who) durante la 16esima ‘Conferenza internazionale sull’Aids’ in corso fino a venerdì a Toronto, in Canada; è infatti nell’Africa subsahariana – che conta l’11% della popolazione mondiale e dispone solo del 3% di dottori e infermieri – che si verifica il 65% dei contagi del virus dell’immunodeficienza umana (viu/hiv). Una vivace tavola rotonda intitolata ‘La sfida a cui rispondere’ ha discusso il delicato problema del modo in cui la malattia è stata affrontata in Africa (e altrove) dagli ambienti religiosi intensamente impegnati nella prevenzione della malattia ma anche nell'assistenza agli ammalati. Il reverendo J.P. Heath della ‘Rete africana degli esponenti religiosi contagiati o ammalati' (Anerela) non ha esitato, secondo un resoconto del sito inglese "Ekklesia", a sollevare dubbi sull'efficacia dell'azione svolta dagli ambienti religiosi per prevenire la sindrome. Il vescovo Mark Hanson, capo della Federazione Luterana Mondiale, dopo aver sottolineato che “l’astinenza come solo mezzo di prevenzione non è praticabile” ha aggiunto che a suo avviso l'uso del profilattico a scopo di prevenzione del contagio, in determinate circostanze può non essere necessariamente contrario agli insegnamenti morali. Una delle sfide più grandi, secondo tutti i partecipanti all’incontro, è costituita comunque da coloro che fanno ricorso "al linguaggio della fede e della dottrina della Chiesa per predicare che la malattia è una punizione divina" e che associano sempre all'uso del profilattico il concetto di peccato, anche di fronte a statistiche secondo le quali, sempre nell’Africa subsahariana, la maggior parte delle donne viene contagiata dal coniuge. Un problema che riguarda anche la prole. “Nei paesi a basso e medio reddito, più di un milione e 600.000 persone ricevono oggi antiretrovirali… quattro volte il numero degli stessi trattamenti nel dicembre 2003” ha detto Kevin De Cock dell’Oms, ma “circa 800.000 bambini sotto i 15 anni – la maggior parte in Africa – avrebbero bisogno delle stese terapie”. Alla conferenza di Toronto stanno partecipando circa 20.000 tra esponenti di governo e di organismi dell’Onu, delegati di organizzazioni non governative (ong), ricercatori, rappresentanti della società civile ed esponenti di Chiese non soltanto cristiane.
AIDS: FAUCI, I PROSSIMI 25 ANNI ANCORA PIU' IMPEGNATIVI
TORONTO (ANSA) - Dall'inizio dell'epidemia, nel 1981, ad oggi si e' combattuta una battaglia durissima contro l'Aids, ma ''nei prossimi 25 anni dovremo fare molto di piu' di quanto abbiamo fatto negli ultimi 25''. Parola di uno dei protagonisti della lotta contro l'Aids, il direttore dell'Istituto statunitense per la ricerca sulle malattie infettive (Niaid) Anthony Fauci. Il congresso mondiale sull'Aids di Toronto e' l'occasione per guardarsi indietro e fare un bilancio, ma permette anche di rivolgersi al futuro sapendo che c'e' ancora da fare un grandissimo lavoro.
E' ottimista e fiducioso, Fauci, ma non si fa illusioni: i prossimi anni saranno tutt'altro che facili.
Lo afferma con la consapevolezza di chi dell'epidemia ha vissuto ogni istante, dai primissimi casi osservati. ''Fin dall'inizio - ricorda - siamo stati immediatamente consapevoli di trovarci di fronte a qualcosa di completamente nuovo'' e tuttavia, ha aggiunto, ''cio' che sarebbe accaduto era al di la' dell'immaginazione. E' stata la piu' importante epidemia con la quale la popolazione mondiale si sia mai confrontata''.
Sono cominciati cosi' 25 anni di battaglie, successi, delusioni. Il primo risultato importante e' arrivato fra il 1982 e il 1983: ''nessuno puo' negare che la scoperta del virus Hiv da parte di Gallo e Montagnier ha aperto una nuova era di ricerche'', ha detto Fauci. L'altro grande risultato e' stato l'arrivo del test per la ricerca degli anticorpi anti-Hiv: ''la sua importanza e' stata immediatamente dimostrata''. Poi i continui progressi nella ricerca sui farmaci, che hanno permesso di sopravvivere a una malattia la cui diagnosi, per anni, e' stata sinonimo di una condanna.
Ma la lotta e' tutt'altro che finita. ''Stiamo ancora studiando l'azione di molti geni del virus Hiv - ha detto Fauci - e queste ricerche potranno avere un profondo impatto sul modo in cui nel futuro si guardera' ai vaccini''. Inoltre ''lo studio della dinamica dell'infezione, con l'identificazione dei santuari nei quali si nasconde il virus e' importante in vista dell'eradicazione dell'Hiv''.
Si continua a studiare il virus anche in ricerca di nuovi bersagli contro i quali dirigere futuri farmaci. ''Abbiamo visto in questo congresso l'arrivo di farmaci come gli inibitori della fusione, diretti contro le integrasi, e gli inibitori dell'ingresso: questa continuera' ad essere la linea di ricerca anche nei prossimi anni''.
I farmaci, pero', non sono tutto: finora hanno salvato tante vite, ma nei Paesi in via di sviluppo soltanto 1,3 milioni di persone hanno oggi la possibilita' di curarsi. Per Fauci ''serve un approccio globale contro l'epidemia nel quale anche la prevenzione ha un ruolo importantissimo. ''Sara' cruciale moltiplicare gli sforzi e combinare approcci diversi'', dall'educazione alla disponibilita' di nuovi microbicidi, alla distribuzione di condom e aghi per siringa''.
Si dovra' poi continuare a cercare il vaccino: ''e' diventato il Santo Graal della ricerca sul'Hiv ed e' uno dei problemi scientifici fondamentali da risolvere''.
Ma per continuare ad alimentare questa gigantesca macchina contro l'epidemia servono risorse: agli attivisti che piu' volte al congresso lo hanno contestato per le sue posizioni favorevoli al programma di prevenzione varato dal presidente degli Stati Uniti Bush e chiedendo farmaci subito per tutti, Fauci ha risposto che la lotta deve essere globale e che richiede risorse.''Il contributo maggiore al Fondo Globale per la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria e' venuto dagli Usa, adesso anche tanti altri Paesi dovrebbero aumentare il loro contributo''.
Aids: verso farmaci per bambini
Congresso mondiale Toronto, ok nuove linee guida per terapie
(ANSA) - TORONTO, 18 AGO - E' stato fatto il primo passo importante verso la possibilita' di avere a disposizione farmaci anti-Aids a misura di bambino. Sono almeno tre gli obiettivi principali delle nuove linee guida per la terapia dei bambini con il virus Hiv presentate dall'Oms nel congresso mondiale di Toronto: uniformare l'assistenza perche' ovunque sia possibile dare ai bambini le cure migliori, spingere le aziende farmaceutiche a sviluppare farmaci con formulazioni pediatriche, dosaggi piu' facili.
CANADA 19/8/2006 14.13
SIDA/AIDS: “PAESI DEL G-8 HANNO TRADITO IL SUD DEL MONDO”
(MISNA) Si è conclusa con un duro botta-e-risposta tra l’inviato speciale delle Nazioni Unite e il rappresentante sudafricano la 16esima Conferenza internazionale sulla sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids) di Toronto, in Canada, a cui hanno preso parte circa 20.000 tra esponenti di governo e di organismi internazionali, delegati di organizzazioni non governative (ong), ricercatori, rappresentanti della società civile ed esponenti di Chiese non soltanto cristiane. Stephen Lewis, rappresentante dell’Onu per il Sida/Hiv in Africa ha attaccato il Sudafrica, sostenendo che “è l’unico paese del continente in cui il governo è ancora ottuso, dilatorio e negligente nel mettere a disposizione i trattamenti per i contagiati e i malati”. Dichiarazioni definite “inaccettabili” da Subani Mngadi, portavoce del ministero della Sanità di Pretoria: “Non comprendiamo davvero il fondamento di queste argomentazioni. Noi facciamo meglio di molti altri per rispondere al fenomeno e (Lewis) sa bene che nessun altro paese ha messo in opera un programma così completo come il nostro” ha replicato Mngadi. Ma l’intervento di Lewis si è concentrato soprattutto in un forte attacco contro le potenze mondiali del G-8, accusate di “avere tradito il Sud del mondo” non mantenendo le promesse annunciate nel vertice di Gleneagles del 2005 relative all’impegno a garantire “il maggiore accesso possibile ai trattamenti per gli africani che ne hanno più bisogno” entro il 2010. “Tutta la battaglia contro il Sida/Aids è messa in pericolo dall’atteggiamento dei paesi del G-8, non bisogna mai allentare la pressione nei loro confronti” ha evidenziato Lewis, ricordando che 8,3 miliardi di dollari sono stati stanziati per la lotta alla pandemia nel 2005: “Una somma effettivamente impressionante, ma mancano ancora 15 miliardi per quest’anno, 18 per il prossimo e 22 per il 2008. E tute le proiezioni mostrano che ce ne vorranno 30 nel 2010. Siamo in ritardo di miliardi e miliardi di dollari e se questa tendenza si mantiene non saremo mai in grado di garantire l’accesso universale ai farmaci”. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms/Who), tra i principali ostacoli nella lotta contro il Sida/Aids nel Sud del mondo figura principalmente la mancanza di 4 milioni di medici e paramedici: nella sola Africa subsahariana, che conta l’11% della popolazione mondiale e dispone solo del 3% di dottori e infermieri, si verifica infatti il 65% dei contagi del virus dell’immunodeficienza umana (Viu/Hiv)
ETIOPIA
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22/8/2006 12.48
ALLUVIONI CAUSANO DIFFONDERSI MALATTIE, SI RACCOLGONO GLI AIUTI
[PIME] Almeno 150 persone sono morte a causa delle malattie intestinali trasmesse dall’acqua in seguito alle alluvioni e 12.000 si sono ammalati, lo riferisce l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha), che lancia l’allarme per il diffondersi di gastroenterite e colera tra gli sfollati. A Gnangton e Desenech Woreas, nella valle meridionale dell’Omo, le autorità sanitarie locali stanno lavorando per prevenire l’aumento della malaria spruzzando agenti chimici sulle pozze d’acqua stagnante e distribuendo zanzariere e medicine. Secondo il bilancio ufficiale le alluvioni hanno fatto oltre 900 vittime, in maggioranza a Dire Dawa e nella valle del fiume Omo, e decine di migliaia di sfollati. Iniziano intanto ad arrivare le prime offerte di aiuto dall’estero: l’Unione Africana, la cui sede è ad Addis Abeba, ha promesso al governo etiope una donazione di 100.000 dollari; la Libia ha inviato tende, coperte e cibo in scatola, riferisce l’agenzia stampa nazionale Ena, mentre da ieri 35 soldati statunitensi specializzati, provenienti dalla base di Djibuti, si sono uniti a soccorritori a Dire Dawa portando tende e attrezzature per costruite strutture sanitarie di emergenza. Sul piano nazionale non ci sono comunicazioni dal governo federale di un progetto coordinato di aiuti, piuttosto singole istituzioni - come il ministero degli Affari federali che ha messo a disposizione 260,000 birr (23.000 euro) - hanno annunciato donazioni per lo Stato federato del sud dell’Etiopia e per altre amministrazioni locali. L’Ufficio per lo sviluppo sociale della diocesi di Harari della Chiesa cattolica etiope ha offerto il sostanzioso aiuto di 4,7 milioni di birr (417.000 euro) in risposa all’appello lanciato dal sindaco di Dire Dawa, dove lo straripamento del fiume Dechatu ha provocato 550 tra vittime e dispersi e 6000 persone hanno perduto la loro casa. L’agenzia Ena riferisce anche di una pletora di iniziative spontanee per la raccolta di fondi, da comitati di cittadini alle autotassazioni sullo stipendio dei dipendenti pubblici e di imprese private.
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