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Old 07-03-2014, 18:39   #17
stelestele
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Il rischio, però, è di focalizzare troppo le attenzioni sul personaggio stesso, perdendo il senso dell'opera complessiva, e alterando, quindi, la sua valutazione oggettiva.
Sulla valutazione oggettiva ho già espresso in altri commenti che secondo me non esiste... ma la critica è 'condannata' comunque a provarci e in ogni caso ha senso di esistere a prescindere dagli esiti di tale ricerca. La critica ha una funzione informativa, culturale... che arriva ad essere quasi coautoriale in certe forme di arte moderna.

I personaggi fanno parte della narrazione, che a sua volta è una parte del gioco nel suo insieme.
A volte succede che una parte da sola riesca a tirare un gioco ad esperienze di eccelente 'qualità' e a sopperire a mancanze o sufficienze o mediocrità di altre sue parti. L'esempio contrario che viene fatto nell'editoriale non cambia il concetto: il giudizio negativo su un solo aspetto del gioco (un personaggio, un'ambientazione poco riuscita...) può a mio avviso modificare radicalmente e negativamente l'esperienza che un videogiocatore ha con tutto il titolo... anche se per molti altri aspetti è di eccellenza.

Il ruolo del critico, secondo me, non è quello di stabilire quale componente è più o meno autorizzata a cambiare o meno un giudizio o peggio la 'valutazione oggettiva' dell'opera. Il critico dovrebbe occuparsi di tentare di raccontare o più ambiziosamente spiegare attraverso quali meccanismi si è verificata o possa o meno verificarsi un'esperienza negativa o positiva... e scusate se è poco!

Riguardo le considerazioni fatte in questo editoriale sull'autorialità e in particolare a quelle accennate sul confronto tra Kubrik e Tarantino, vorrei approfondire per capirle meglio... sarebbe prezioso un link.
Mi viene da citare un autore che di solito non amo (preferendo altri approcci): Umberto Eco in 'Lector in fabula' parla di 'Cooperazione interpretativa' del lettore nei testi narrativi... da bravo e suggestivo borioso intellettuale qual'è, tira fuori termini e concetti come 'lettore modello', 'previsioni e passseggiate inferenziali', 'strutture di mondi' ecc..
A parte la mia soggettiva esperienza personale con l'autore (non ho mai digerito ad es. il trattato di semiotica nonostante letture e riletture e minuzzature da me fatte)... questi concetti, se veri in un testo narrativo, hanno una preponderante attualità nel mondo dei VG attuali. Nella borsa degli attrezzi di un critico di VG ritengo imprescindibile un tentativo di analisi con questi attrezzi teorico-concettuali, specialmente quando si trattano temi come quello del rapporto tra autorialità e fruitore che emerge da questo editoriale.

Ad una prima supeficialissima impressione, viene da dire che apparentemente, lo spazio di 'cooperazione interpretativa' e di generazione di 'mondi possibili' lasciato al videogiocatore sia enormemente ampliato nel videogioco (rispetto al testo narrativo).... ma.... se penso ad un meta-gioco come 'The stanley parable', che a mio avviso fonda tutta l'esperienza propio sull'ironia e riappropiazione di questa finta abdicazione di autorialità... mi sorge il dubbio dell'esatto contrario!

Ultima modifica di stelestele : 10-03-2014 alle 20:32. Motivo: Piccole corrrezioni di chiarimento
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