Hard disk, verità su partizioni e prestazioni

Hard disk, verità su partizioni e prestazioni

Negli ultimi tempi è possibile trovare in commercio dischi rigidi di notevoli dimensioni, raggiunte grazie all'adozione di piatti da 100 GB e oltre, con prestazioni però inferiori rispetto alle generazioni precedenti. E' possibile risolvere questi problemi creando delle partizioni?

di pubblicato il nel canale Storage
 

Introduzione

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole incremento della capienza dei dischi rigidi EIDE e Serial ATA, in risposta ad una domanda di spazio sempre più pressante da parte dell'utenza casalinga, ma non solo. Il percorso intrapreso dalle case produttrici per il raggiungimento di capacità elevate passa soprattutto per la densità dei piatti utilizzati.

Allo stato attuale delle cose si possono trovare in commercio dischi che utilizzano piatti che possono contenere fino a 133 GB, adottati in numero variabile all'interno degli hard disk al fine di ottenere diversi livelli di capienza. Se da una parte ciò ha permesso di accontentare una clientela sempre più esigente, dall'altra ha portato a risultati non sempre entusiasmanti in campo prestazionale. Il transfer rate di dati posti in sequenza è senza dubbio aumentato in virtù dei maggiori dati che una testina può leggere nell'unità di tempo a parità di regime di rotazione, ma l'enorme densità per unità di superificie ha portato ad un innalzamento dei tempi di accesso ai dati, parametro chiave nella lettura e scrittura non sequenziale dei dati posti su disco, ovvero la situazione più frequente.

Con questo test siamo alla ricerca di risposte ad alcuni dubbi, ovvero se le prestazioni possano migliorare partizionando il disco e se sì in che misura; la teoria infatti ci porta a pensare che utilizzando solo porzioni dei piatti si possa contare su tempi di accesso inferiori e di conseguenza su prestazioni superiori.

 
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